Il principe romano e la Madonna di Bonaria

Quando il principe Baldassarre Odescalchi decise di fare una gita a Cagliari, eravamo alla fine dell’800 e il resoconto di tale gita si trova pubblicato nel volumetto “Impressioni di storia e d’arte”, edito dalla Casa Editrice Edoardo Perino di Roma nel 1896.
Gli appunti di viaggio vennero redatti da Odescalchi ad uso del signor Decio Cortesi, uno degli editori del Fanfulla della domenica, giornale che veniva stampato nella Capitale e che ogni tanto si occupava di cose “esotiche”, come poteva essere la cronaca di un viaggio in Sardegna.
Il resoconto della “gita” a Cagliari occupa una trentina di pagine del volumetto (che raccoglie anche altri scritti non sardi) e parte dal momento dello sbarco a Golfo Aranci: “un molo ed un poco più in su la stazione della ferrovia; edificio solitario in mezzo a tanta desolazione della natura”.
E qui iniziano subito i “ritmi” sardi: “il treno, partito dal golfo, dopo tre o quattro minuti, arriva alla stazione, e li si ferma per quaranta minuti”. E avanti così, “a passo di lumaca, in dodici ore si arriva a Cagliari”.
Un impatto non certo degno della “modernità” del ‘900 che si avvicina e sicuramente non degno al rango del principe. Ma così è, e bisogna adattarsi!!
Una volta a Cagliari Odescalchi non osa addentrarsi nell’interno, rimandando a periodi più favorevoli, a causa del “caldo veramente tropicale e della malaria che infieriva in questa stagione”, e decide, pertanto, di dedicarsi alla scoperta di “una città di circa quarantamila abitanti, posta in un luogo elevato in mezzo ad un bellissimo paesaggio”.

Cagliari in un acquerello del 1912 di Louise Radigois

Visita il museo archeologico e lo descrive con dovizia di particolari, soffermandosi anche su un grande modello di nuraghe in sughero “che, aprendosi per mezzo, rende visibile tutta la costruzione interna del monumento”, e affermando come sia “curioso notare che questa, oggi preziosa raccolta, ebbe origine con un dono di oggetti falsi fatto dal La Marmora”.
La visita continua con la chiesa di Santa Cecilia, cattedrale di Cagliari, che Odescalchi descrive per gli aspetti storici, artistici e per i tesori sacri ivi posseduti: “In questo tesoro si conserva ancora un trittico dipinto, nel cui centro è la Vergine col Cristo deposto dalla croce, e su gli sportelli Sant’Anna e Santa Margherita. Raccontano che questo prezioso dipinto appartenesse al Papa Clemente VII che, lo teneva carissimo nelle sue stanze private, e che, nel sacco di Roma, venisse rubato da un soldato sardo, il quale poi pentitosi, e confessato il suo peccato, ebbe ordine dal Pontefice di darlo alla cattedrale di Cagliari”.

L'anfiteatro di Cagliari in un disegno di J.B.Barla del 1841

Ode scalchi continua il suo tour visitando l’anfiteatro romano, “tagliato nella roccia sul declivio d’un colle in prossimità del mare”, e spingendosi sino alle saline, “che sono le più importanti d’Italia”. 

Acquerello di J.B.Barla del 1841

A Quartu la gita assume carattere etnico e il principe assiste alla vestizione di una ragazza con il ricchissimo costume “tutto di velluto e broccato, e sopracarico di ornamenti in oro, collane, pendoli, grandi orecchini in filigrana, con le dita coperte di anelli sino all’ultima falange”; antesignano della globalizzazione, Odescalchi sottolinea che i costumi tradizionali stanno pian piano scomparendo e che “fra breve i grandi magazzini avranno portato ad assoluta uguaglianza il vestire di tutto il genere umano”.
L’ultimo giorno del soggiorno cagliaritano, il principe lo dedica alla visita della Basilica della Vergine di Bonaria. Anche in questo caso ne traccia la storia e descrive la struttura e i suoi tesori artistici, soffermandosi sulla descrizione dei numerosi ex-voto conservati nella chiesa.
Si addentra poi in una “spinosa” disquisizione dove, in generale, critica la mancanza di studi seriamente scientifici sulle tante immagini sacre conservate nei vari santuari d’Italia, per poi affermare, senza tema di smentita, a proposito della statua lignea della Madonna di Bonaria, che si tratta di una scultura spagnola della fine del ‘500 o primi del ‘600. Questo contrariamente a quanto affermato dalla leggenda, che vuole la scultura restituita dal mare, a seguito del naufragio di una nave, nell’anno 1370. “Ora dunque – afferma Odescalchi – o la nave non è qui approdata nel secolo decimo quarto, ma invece nel decimo sesto, o al principio del decimo settimo, oppure quella statua non è più la primitiva”.
Concludendo il suo ragionamento il principe afferma che “per quel che ho detto, se stessi ancora in Cagliari, i miei buoni amici di colà sarebbero capaci di lapidarmi”.
Ma il principe non è più in Sardegna: è già ripartito. Stavolta, però, direttamente da Cagliari con il piroscafo diretto a Napoli, in modo da evitare, anche al ritorno, quelle insopportabili 12 ore di treno.

2 risposte a “Il principe romano e la Madonna di Bonaria

  1. Quali sono le date del soggiorno dell’Odescalchi in Sardegna? Accenna al tenore Mario (Giovanni Matteo De Candia) ch’era sepolto a Bonaria ed era stato suo amico?
    Grazie
    Felice Todde

    • Gentile sig. Todde, grazie per l’attenzione dedicata al mio blog. Come ho scritto, il librino con gli scritti di Odescalchi è del 1896. Nello scritto non si fa riferimento alla data del viaggio in Sardegna e non c’è alcun accenno a Mario De Candia.
      Cordiali Saluti
      Angelino Mereu

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