Giacomo Devoto (1897 – 1974), glottologo e linguista, scriveva: “La nostra vita è una successione ininterrotta di incontri: con maestri, con compagni. Ma a un certo momento gli incontri della mia vita hanno dovuto tener conto di un fatto nuovo che li influenzava, il fascismo. Venuto su nella convinzione cavouriana che le società degne sono quelle ispirate a libertà e democrazia, ho visto nel fascismo una parentesi, destinata a richiudersi con uno sforzo di volontà, così come nella negligenza e nell’abbandono si era aperta. Se l’immagine della parentesi chiusa, e cioè di un ritorno a una società ordinata corrisponda alla realtà, potrà dire solo l’avvenire”.
E “La Parentesi – Quasi un diario” è il titolo del volume che raccoglie alcuni scritti di Devoto sul prima e sul dopo del fascismo, con riflessioni sui luoghi e sui personaggi incontrati nel suo percorso di studi e di vita.
Nel libro Devoto dedica un capitolo alla Sardegna e a Cagliari in particolare, città dove ebbe modo di insegnare tra il 1928 e il 1929.
Racconta che arrivò in Sardegna, certamente non carico di entusiasmo, con una immagine dell’isola legata alle cronache del passato sul banditismo e ai fatti della prima guerra mondiale con l’eroica esaltazione della Brigata Sassari: “mi ritenevo vittima – scrive – di una sorte avversa, solo perché non mi era stato possibile evitare il noviziato sardo”.
Della Sardegna Devoto ha modo di conoscere e vedere poco, e quel poco è legato soprattutto a vicende e personaggi dell’ateneo cagliaritano: abita nel centro di Cagliari, frequenta l’università, ha contatti solo con alcuni colleghi professori dell’ateneo e poco più, “i miei orizzonti erano limitati ad una ristretta cerchia di persone”, afferma.
Tra i suoi ricordi scrive che, appena giunto a Cagliari, per i suoi trascorsi combattentistici durante la prima guerra mondiale, venne incaricato di commemorare nell’aula magna dell’Università, la morte del maresciallo Armando Diaz, avvenuta il 29 febbraio. Cosa che fece con una contrapposizione “non originalissima” tra l’operato di Cadorna e quello di Diaz.
Di quell’anno a Cagliari ricorda i colleghi docenti Adelchi Baratono, Giuseppe Toffanin e Bachisio Motzo che – scrive Devoto <<mi diede una definizione di alto interesse in fatto di temperamenti regionali. “Sai qual è la differenza fra sardi e napoletani?”. “Sono un piccolo agricoltore. Se faccio una osservazione al mio contadino napoletano, mi risponde magari con insolenza, ma il giorno dopo mi dice “buon giorno eccellenza”. Se faccio un’osservazione al contadino sardo, rimane silenzioso, e poi aggiunge “mi ricorderò quello che m’ha detto”>>.
Per quanto breve, Devoto ricorda la sua permanenza a Cagliari come una fase “civile e fervida” che rimarrà viva per tutta la sua carriera di docente anche a Firenze, Padova e ancora Firenze dove insegnò dal 1935 al 1967. Tra le tante benemerenze, Devoto può annoverare anche la presidenza dell’Accademia della Crusca che, durante la sua reggenza (1964/1972) riprese i lavori lessicografici, interrotti nel 1923. Grazie a Lui la Crusca ottenne in concessione dal Demanio la villa medicea di Castello che, restaurata, nel 1972 accolse i servizi e quelli dell’Opera del Vocabolario. In quel periodo, inoltre, la Crusca ottenne una nuova legge di finanziamento e varò un nuovo statuto che sancì la creazione di altri due centri di studi ( lessicografia e grammatica italiana) affiancati al preesistente Centro di Studi di filologia. Altri tempi, vien da dire, rispetto all’abbandono e alle misere elemosine lesinate oggi alla Crusca e alle altre istituzioni culturali fiorentine!!