I primi dieci minuti di un artista

Carte Segrete”, Rivista trimestrale di lettere e arti, come recita il sottotitolo, nel numero 21 di gennaio/marzo 1973, pubblica un articolo di Sandra Giannattasio dedicato a Costantino Nivola.
L’articolo “Nivola ’73: un ritorno alla poetica artigianale” (introdotto nel titolo da un autoritratto dell’Artista), si sofferma proprio sul ritorno di Nivola alla “prassi artigianale” ed esalta la arcaica plasticità delle opere riprodotte (opere che nel 1973 Nivola espose a Roma alla galleria Marlborough).
Il servizio sull’artista di Orani continua con la descrizione del progetto decorativo per la facciata del “Provident institution for Savings” di Boston, e con uno scritto dello stesso Nivola, “I primi dieci minuti della mia vita” (dove è riprodotto anche un brano autografo), destinato a diventare il primo capitolo del libro “Memorie di Orani”, pubblicato da Scheiwiller nel 1996 e ristampato dalla Ilisso di Nuoro nel 2003.
Mi piace riprodurre integralmente tale scritto che conferma (se mai ce ne fosse bisogno) anche le capacità narrative di Nivola. E mi piace farlo proprio in questo inizio di 2011 che sarà sicuramente portatore di grandi eventi dedicati a Nivola, di cui, quest’anno, ricorre il centenario della nascita.

I primi dieci minuti della mia vita
di Costantino Nivola 

Vedete, è successo proprio così: la levatrice mi ha consegnato tutto rosso, come un coniglio appena sgusciato, alla giovane vicina di casa che aveva assistito al mio parto… parto del resto facile, essendo io il sesto dei figli. Si è lavata le mani nell’acqua che doveva servire al mio bagno e se n’è andata brontolando.
Adriana mi prese nelle sue grosse mani di contadina. Si sedette davanti al recipiente di terracotta pieno d’acqua riscaldata al sole e mi lavò con cura affettuosa. Dopo avermi asciugato, mi sparse di polvere di talco che lei stessa aveva ottenuto, grattugiando nel granito duro questa pietra morbida che abbonda a Orani.
Mi avvolse in una lunga benda di lino quasi rigida dalle ascelle fino ai piedi, secondo l’usanza di quel tempo. In questo modo, ordinato e lindo sereno come un piccolo morto, mi collocò accanto a mia madre, quasi accanto. Questo quasi non verrà mai superato da me (o da lei) e costituirà una barriera psicologica permanente, che si rifletterà in tutti i miei rapporti con le donne. Mia madre aveva osservato, con tristezza e anche con ansietà, l’operare di Adrianedda. E quando questa ebbe finito, le chiese di portarle il fratellino appena più anziano di me, di qualche anno… 
Questi era nato con un piede deforme e un’espressione angelica. Inoltre la madre aveva intuito che il piccolo non sarebbe sopravvissuto agli stenti e al disagio della nostra condizione… Cose che devono aver contribuito a far rinascere in lei una seconda vampata di passione materna. (Mia madre dopo il primo figlio avrebbe voluto non averne altri, piuttosto che vederci soffrire la fame).
Quel giorno era stata la prima volta che l’aveva ceduto alla cura di altri: temeva con ragione — che il fratello nato prima di lui per gelosia l’avrebbe strangolato.
Quando Adriana ritornò col bambino appena nettato e glielo mise dall’altro lato, la mamma se lo strinse vicino, lasciò andare un sospiro di sollievo e si addormentarono entrambi.
Io sentii la breve distanza che. mi separava dalla madre allargarsi, distanziarsi all’infinito. Mi sono sentito solo, non voluto. Ho desiderato allora (e anche spesso in seguito) cancellare la mia nascita e, per un processo di inversione — come un film proiettato alla rovescia — di essere ripreso da Adriana disvolto dalla benda, rimesso nell’acqua riscaldata al sole, rientrato nel grembo della mamma, riassorbito come sperma da mio padre… e da mio nonno e così via, sempre più indietro nel tempo.
Ma proprio quando l’abbandono mi è parso più totale, ho sentito altrettanto forte la sensazione, che non ero solo. Dopo tutto, le mani di Adriana mi avevano lavato e accarezzato modellandomi come un pane da festa. E ora dalla finestra della stanza entrava l’aria tiepida e con essa migliaia di suoni gradevoli, prodotti dagli uccelli, i grilli, le api… e anche dagli scoppi dei piselli selvatici e tante altre diavolerie della natura e della stagione, che in quel modo sembrava che festeggiassero la mia nascita e che mi invitassero a unirmi a loro in questa curiosa avventura che è l’esistenza. 
Era mezzogiorno e mezzo, il 5 luglio 1911

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