Leopoldo Carta (1878-1932), originario di Nuoro, era laureato in scienze economiche anche se la sua attività era più orientata verso la scrittura e il giornalismo. Fu anche drammaturgo e a lui si devono i testi della tragedia lirica “Ghismonda”, musicata da Renzo Bianchi e rappresentata per la prima volta a Roma nel giugno del 1917.
Tra le altre cose Carta scrisse anche “Il regalo di nozze”, una raccolta di novelle sarde pubblicata dalla Casa Editrice Cadde di Milano nel 1922, con una bella copertina illustrata a colori da Carlo Bisi.
Come giornalista Leopoldo Carta collaborò con diverse testate tra cui la “Piemontese” , la “Nuova Sardegna”, “L’Unione Sarda” e, infine, “Il Popolo d’Italia”.
Sul numero 6 di giugno 1910 della rivista “Il Secolo XX” pubblicata dai Fratelli Treves, esce un articolo di Carta, definito “giornalista e letterato di bell’avvenire”, dal titolo “L’Atene della Sardegna”, dedicato a Nuoro e alla sua élite intellettuale.
La città è descritta con toni “pittoreschi” che cercano di ribaltare l’idea comune di Nuoro “zona delinquente”, facendo leva soprattutto sulle figure di Grazia Deledda, di Sebastiano Satta, di Antonio Ballero e di Francesco Ciusa, massimi rappresentanti della cultura nuorese e non solo. Di Ballero e Ciusa sono raffigurate, rispettivamente, le opere “Sa ria” e “La madre dell’ucciso”, mentre di Satta e riportata la poesia “La Greggia”.
I quattro “illustri nuoresi” sono anche raffigurati in altrettanti ritratti. E mentre Satta, Ciusa e Ballero sono resi con attendibile somiglianza, Grazia Deledda appare alquanto “romanzata” in un ritratto dove l’autore, con il probabile intento di addolcirne i tratti, finisce per ritrarre una persona che solo vagamente assomiglia alla grande scrittrice.
L’articolo è corredato anche da alcune foto nuoresi e da una foto che ritrae un gruppo di oranesi in costume, definiti dalla didascalia come “testimoni di Orani davanti al palazzo dell’Assise”.
Un articolo che, nonostante l’eccesso di toni leziosi e idilliaci, risulta comunque interessante per la convinta esaltazione dei “fervidi ingegni” nuoresi che traspare dallo scritto di Carta e per certe testimonianze e accenni alla vita da paesone che caratterizzavano la Nuoro di inizi ‘900.
Autoritratto, 1977
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