Quando il “regime” arrivò a Nuoro

copertina la rivistaIn un articolo apparso su “La Rivista Illustrata del Popolo d’Italia” (Anno VI – n° 11, Novembre 1928), il giornalista Renzo Larco, che a guerra finita sarebbe diventato anche sindaco a La Maddalena, descrive i passi da gigante delle opere avviate dal regime, con particolare riferimento all’edilizia statale in Sardegna.
Nell’articolo grande spazio viene dedicato alla giovane provincia di Nuoro, “in cui – come scrive Larco – occorse di dovere provvedere ex-nov alle sedi di tutti i pubblici uffici”.
E’ noto – continua Larco – che la creazione d’una terza provincia in Sardegna fu giustificata da ragioni to-pografiche e di spiccato carattere economico. Imponente era il numero dei problemi di ogni specie che dovevano essere risolti nei paesi della zona centrale sarda. Preminente sugli altri — quello che richiedeva la più urgente soluzione — era il problema dell’acqua: si pensi che nel solo ex-circondario di Nuoro, sopra trentatre Comuni, due soli – quello d’ Orune e quello d’Onifai — avevano, all’atto della costituzione della Provincia, un acquedotto: ma – ironia — erano entrambi interrati…; quindi in definitiva nessun Comune aveva la fornitura d’acqua, che veniva attinta dai pozzi”.
A tale proposito Larco sottolinea come l’acquedotto di Nuoro sia stato costruito dopo solo un anno di lavori e come sia stata avviata la costruzione di quelli per Orani, Mamoiada e di molti altri paesi.
Soffermandosi su Nuoro città, Larco ricorda come fino a poco tempo prima il caseggiato più grandioso di Nuoro fosse quello delle carceri, cosa che portava i viaggiatori che capitavano a Nuoro a facili commenti di ironia.

palazzo impiegatiPer illustrare i tempi che cambiano, l’articolo è corredato da diverse foto di cui tre riguardano Nuoro. La prima foto è relativa al palazzo per gli impiegati statali, la seconda alle fasi di costruzione del caseggiato scolastico e la terza al nuovo scuole elementaripalazzo delle poste.
L’autore dell’articolo non si nasconde dietro un dito e afferma tranquillamente che “il fascismo ha ben capito che la veste di dignità portata dal caseggiato arioso e ben ideato e dal palazzo sontuoso, aggiunge palazzo posteprestigio e forza ad ogni manifestazione ed esercizio del potere”.
Questa logica spiega gli interventi massici registrati a Nuoro in quel periodo: la novella provincia usata quasi come laboratorio per dimostrare la forza e la potenza del regime. Il risultato sono una serie di edifici imponenti, spesso brutti, completamente avulsi da quella che era allora la realtà di Nuoro, realizzati quasi più per impressionare che per le funzioni a cui erano destinati.
Lo stesso Larco nell’articolo accenna a una velata critica quando scrive: “Oggi, se Dio vuole, v’è qualcosa di meglio che ferma l’attenzione e che desta particolare ammirazione in questa rupestre città aggrappata alle falde dell’ Ortobene; è il palazzo, tutto di duro macigno, delle Poste e dei Telegrafi, una costruzione che può anche non piacere a taluno per il suo stile, ma che sì impone a tutti per la mole. E’ sorto un bel palazzo destinato agli impiegati dello Stato. Vien sorgendo il caseggiato scolastico, ampio, ricco di locali e signorile, nel centro stesso di Nuoro”.
Valutando i risultati con il senno del poi, viene da pensare che forse era meglio se si evitavano certi “fasci-stissimi” interventi urbanistici che hanno inciso non poco sulla fisionomia di Nuoro. E viene da pensare che al peggio non c’è mai fine, visto che tutta una serie di interventi realizzati in tempi più o meno recenti (compresa la demolizione del vecchio carcere) hanno continuato l’opera iniziata dal fascismo ed hanno contribuito a depauperare un patrimonio architettonico e culturale, forse in maniera definitiva e non più recuperabile.

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