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Antonino Pirari, pittore di Nuoro

Ho recentemente acquistato due cartoline. La prima cartolina riproduce il quadro “Venerdì santo” del pittore nuorese Antonino Pirari (1893-1957) e risulta viaggiata da Sassari per Roma nel 1935. La seconda cartolina è viaggiata nel 1902 e riproduce un contadino di Nuoro intento a smuovere un covone. Questa cartolina, oltre alla scritta “proprietà privata”, non riporta alcuna indicazione sull’editore o sull’autore della foto.

Appare singolare, però, che la cartolina del contadino ricordi tantissimo il quadro “Il covone” che proprio Pirari presentò alla Biennale di Venezia nel 1920 e la copertina che l’artista nuorese realizzò per il numero 17 dell’ottobre 1921 de “Il giornalino della Domenica” fondato da Vamba e diretto da Giuseppe Fanciulli.
In quel numero de “Il giornalino”, Fanciulli parla di Pirari in questi termini: “ … Antonino Pirari, giovane ed eccellente pittore di Nuoro, che, quasi ragazzo, illustrò per il Giornalino, nel 1911, una novella di Grazia Deledda, e da allora sempre conserva la più viva simpatia per queste pagine … La composizione riprodotta nella copertina, con una magnifica tricromia, rappresenta un Contadino di Nuoro sull’aia, nell’atto di raccogliere il grano con la pala; la forte figura dal vivido costume è circonfusa di sole, in un’immensità di silenzio ardente”.

Può darsi che si tratti di una semplice coincidenza, ma è probabile che Antonino Pirari abbia avuto per le mani la cartolina del contadino e che a questa si sia ispirato. Occorre tener presente, inoltre, che dai Pirari la fotografia era di casa, visto che il fratello di Antonino, Piero Pirari (1886-1972), ha legato il suo nome all’attività di fotografo, tanto che un fondo di sue foto dei primi del ‘900 è raccolto presso l’Istituto Etnografico della Sardegna.

Antonio Piu fotografo

Antonio Piu fotografo

L’ACSIT, Associazione Culturale Sardi in Toscana di Firenze, e il Circolo “Peppino Mereu” di Siena, tra gennaio e febbraio, hanno reso omaggio al genio  creativo del fotografo Antonio Piu con l’esposizione di una rassegna di ritratti da lui realizzati negli anni ‘60

La mostra è stata inaugurata domenica 19 Gennaio a Firenze e domenica 9 Febbraio a Siena. A Firenze la mostra si è tenuta presso la sede ACSIT in Piazza Santa Croce, 19  ed è andata avanti sino a domenica 2 febbraio. A Siena, invece, le foto sono rimaste esposte esposte da domenica 9  Febbraio a Domenica 23 Febbraio presso il Circolo “Peppino Mereu”  in Via Sant’Agata 24

Antonio Piu (1921-2005), nato e vissuto sempre a Orani (NU), era considerato un personaggio al limite dell’eccentricità, uno di quei “geni” un po’ fuori dalla norma che spesso si ritrovano nei piccoli centri della Sardegna e non solo: accanto alle attività “ufficiali” svolte per oltre quarant’anni come fotografo, orologiaio e calzolaio, Piu coltivava, infatti, molteplici interessi che andavano dalla chimica all’astronomia.

In campo fotografico la sua attività era quella tipica del classico fotografo di paese, “ingaggiato” all’occasione per matrimoni, battesimi, compleanni, ecc., e molta della sua produzione era destinata agli scatti per fototessere da utilizzare per documenti vari.

Come fotografo era molto “naif”: nelle sue foto gli accorgimenti tecnici erano praticamente inesistenti. Non utilizzava, ad esempio, paraventi o fondali dipinti e lo sfondo per le fototessere era quasi sempre la finestra del suo fatiscente laboratorio di ciabattino, dove un grosso armadio fungeva da camera oscura per lo sviluppo dei negativi e dove le cianfrusaglie accatastate e le ragnatele la facevano da padrona.

Alcuni anni fa, in maniera del tutto fortunosa, è stato recuperato un archivio di oltre 1300 negativi, la maggioranza dei quali sicuramente attribuibili a Antonio Piu, soprattutto per quanto riguarda i ritratti per fototessera. Si tratta di foto che coprono un periodo di circa cinquant’anni, dai primi anni ’40 sino alla fine degli anni ’80. L’intero “corpus” fotografico, valutato nel complesso dei suoi 1300 scatti, ha la particolarità di presentare visivamente la testimonianza del vissuto di un paese, Orani, nel suo complesso e per un vasto lasso di tempo e, anche se molti negativi risultano purtroppo irrimediabilmente rovinati, sono in grado tuttavia di offrire uno spaccato di vita oranese, con immagini di feste, cerimonie, ritratti, ecc. dalle quali emergono persone, eventi privati e pubblici che messi insieme descrivono quello spirito di comunità che ha sempre segnato i ritmi di vita dei paesi in Sardegna.

Da questo materiale sono state selezionate 24 scatti per fototessera di Antonio Piu, databili al 1966.
Sono foto che ritraggano bambini di 10 o 11 anni, e quindi nati nel 1955 e nel 1956, e  probabilmente furono scattate in occasione della preparazione dei documenti per l’iscrizione alla prima media.

Si tratta di un gruppo di bambini che nella comunità di Orani ha vissuto, è cresciuto e si è affermato in diversi campi: le foto scelte per la mostra sono in grado, pertanto, di offrire sia una testimonianza per immagini sull’attività di Piu sia quella di una generazione di paese. I ventiquattro ritratti esposti rappresentano, quindi, un piccolo e limitato spaccato della comunità di

Orani e costituiscono, indubbiamente, un primo nucleo destinato ad allargarsi in una mostra ben più ampia e rappresentativa dei lavori di Antonio Piu.

Come detto, però, Piu oltre a svolgere una multiforme attività, era anche un curioso della natura con una grande passione, la mineralogia. Girava per le campagne in cerca di minerali da analizzare e classificare. Tale passione lo ha portato a lasciare un segno indelebile per la comunità di Orani. Alla fine degli anni ’80, infatti, Antonio Piu individuò un giacimento di feldspati, minerali di primaria importanza per la produzione della ceramica di qualità. Segnalò la sua scoperta a un’azienda di Sassuolo e, per le informazioni fornite, venne ricompensato con un vitalizio: Antonio Piu smise di fare il fotografo, l’orologiaio e il ciabattino e, per il resto dei suoi giorni, visse di rendita, mentre a Orani venne avviata un’attività estrattiva che, ancora oggi, dà lavoro a diverse persone

 

Le foto (dall’alto):
Antonio Piu con la sua ‘600;
Inaugurazione della mostra a Firenze;
Inaugurazione della mostra a Siena;
Vecchio oranese in costume;
Bambino a cavallo in un vicolo di Orani;
Ritratto di Angelino Mereu;
Fuori dal Bar a Orani;
Ballo sardo a Oniferi;
Paginone su La Nuova Sardegna.

 

Un pezzo di Orani che non c’è più

Marina è un’amica di Nuoro con la quale condivido passioni e interessi. Negli anni abbiamo imparato a non “pestarci i piedi” con le nostre ricerche, così se per esempio compare su eBay una cartolina che interessa a entrambi, evitiamo di farci concorrenza in modo da non alzare i prezzi dei prodotti in vendita.

Succede, anzi, che a volte ci si segnali a vicenda gli articoli di reciproco interesse.

Nei giorni scorsi Marina mi ha contattato per segnalarmi che aveva acquistato un lotto di vecchie foto di Nuoro e che, tra queste, ce n’era una riconducibile a Orani. Alla mail era allegata l’immagine qui riprodotta.

foto-orani-da-marina-moncelsiLa foto, datata “Orani 21/4/1929”, raffigura un giovane adolescente con pantalone alla zuava, calzettone lungo, farfallino e cappello a visiera in testa. Il giovane è poggiato al basamento della colonna con la croce che una volta era collocata in Piazza Convento. Lo scorcio di piazza che si intravvede è caratterizzato dalla presenza degli alberi (eliminati definitivamente nei primi anni ’60) e, soprattutto, dallo splendido porticato in pietra che circondava la piazza, demolito durante il ventennio per far posto a quella che era la “casa del fascio”.

Una bella testimonianza visiva di un angolo di Orani che non esiste più … così come non esiste più la foto!.

E’ successo, infatti, che Marina mi abbia fatto omaggio della foto inviandomela tramite le poste italiane. Ebbene, la lettera con la foto non è mai arrivata e la foto si è persa in qualche meandro di smistamento. Per il momento ci accontentiamo della versione digitale e l’unica speranza è legata ai noti disservizi delle poste nostrane: non mi stupirei se, tra qualche anno, un postino, con nonchalance, suonasse alla mia porta per consegnarmi una lettera con foto miracolosamente riapparsa.

Storie di donne e di emancipazione

8 marzo, giornata della donna. Una giornata dedicata alle donne che, in Italia, venne festeggiata per la prima volta l’8 marzo del 1946 grazie all’iniziativa dell’UDI (Unione Donne Italiane) e grazie a un gruppo di parlamentari del PCI (Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei) che, per la prima volta, introdussero la mimosa come simbolo della giornata.
Una data che, nel tempo, ha assunto significati diversi e ha perso parte del suo significato originario, quando l’obiettivo primario era quello di evidenziare e favorire azioni e iniziative per l’emancipazione della donna.
Una emancipazione che, occorre ricordarlo, nell’Italia del ‘900 aveva proceduto a piccoli passi, con la strenua opposizione di un potere politico, saldamente in mano all’universo maschile, e con il deciso contrasto della Chiesa, propensa a considerare la donna solo come moglie e madre.
Le conquiste delle donne, dunque, hanno sempre dovuto fare i conti con un mondo ostile, chiuso a qualsiasi innovazione, pronto a osteggiare qualsiasi tentativo di “invasione” di attività o professioni considerate esclusivo appannaggio degli uomini.

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nunziatina raggi (5)

Non è stata poca la sorpresa, quindi, quando ho scovato una foto databile intorno al 1880 con il timbro di “Nunziatina Raggi – fotografista” con studio all’ultimo piano di via Tavoleria 1161 a Pisa.
Ho provato a fari ricerche su questa donna fotografa dell’800 ma non sono riuscito a reperire nessuna notizia. Ho potuto verificare, anzi, che in generale, scarseggiano le informazioni su donne fotografe e che, nei rari casi citati, vengono ricordate quasi esclusivamente in quanto mogli o sorelle di fotografi maschi.
Eppure la foto in questione dimostra una notevole capacita tecnica e una sensibilità non comune nel ritrarre il soggetto in posa. La qualifica “fotografista”, poi, non lascia dubbi: Nunziatella Raggi era una fotografa vera ed esercitava tale professione.

E la foto è lì a dimostrare e testimoniare un piccolo passo, già dalla fine dell’800, verso la parità di ruoli e verso il superamento di quelle divisioni sessiste spesso anacronistiche che relegavano le donne in ruoli secondari e marginali e che persistevano anche nella fotografia, come in tutto il mondo dell’arte, di cui la fotografia era considerata una sotto-branca.

Quando le foto ti ritrovano

Grazie a una delle mie grandi passioni, la collezione di antiche cartoline della Sardegna, appena posso giro per mercatini alla ricerca di rarità per arricchire la mia raccolta. Un’appuntamento fisso, tutti i mesi, è il mercatino dell’antiquariato che si tiene a Firenze presso i giardini della Fortezza da Basso. Alcuni anni fa, mentre rovistavo in un banco particolarmente fornito di cartoline e vecchie foto, mi ritrovai per le mani una foto che ritraeva un giovane seduto, in posa, accanto a un vecchio apparecchio radiofonico. Non ebbi dubbi e lo riconobbi subito: era mio suocero, Giuseppe Campanini, nato nel 1906 e morto nel 1981, uno dei primi radiotecnici in Italia.
SUOCERO 029Feci presente la “scoperta” al titolare del banco che, incredulo, sfilò la foto dalla sua custodia: nel retro c’era la firma autografa e una dedica ad un amico farmacista di Sarzana che ne confermavano l’identità. La foto era datata 1927 e il commerciante la vendeva per 25 euro vista la rarità dell’apparecchio radiofonico ritratto accanto a mio suocero. Volevo pagare e acquistare la foto, sconosciuta a tutta la famiglia, per riportarla nell’alveo familiare, ma il commerciante rifiutò i quattrini dicendomi: “No. Te la regalo perchè non sei tu che hai trovato la foto, ma la foto che ha ritrovato te”. Quella foto, ora, fa bella mostra di sè, incorniciata, su un ripiano della mia libreria.

marina 197Oggi, 20 novembre 2014, dopo una decina d’anni, la storia si ripete. Con mia moglie Enrica capitiamo per caso al Mercatino delle Pulci di Firenze, in Piazza dei Ciompi. Mi metto a rovistare in un banco tra vecchie cartoline e vecchie foto e, all’improvviso sobbalzo: “questa è mia cugina!”. Giro la foto e nel retro ho la conferma: c’è l’invio con dedica di mia zia Mattiuccia e di mio zio Francesco che, nel 1964, da Lione in Francia inviavano la foto di mia cugina Marina a qualche loro conoscente non precisato nella dedica.

Confesso che sono rimasto sorpreso ed emozionato nel rivedere Marina da piccola con i suoi bei riccioli biondi e nel ritrovare un pezzo della mia famiglia su una bancarella. E, anche se mi rimarrà sempre la curiosità di scoprire come ha fatto questa foto a finire su un banco del Mercatino delle Pulci di Firenze, devo ammettere che per la seconda volta mi succede di essere ritrovato da una foto.

Orani, Piazza Convento

Un vecchio lotto di fotografie su internet (alcune le ho acquistate io, altre le ha comprate un amico collezionista di Nuoro), ci permettono di ammirare alcune vedute di una Orani oramai scomparsa.

Orani 2In particolare alcune foto, che risalgono ai primi del ‘900, ritraggono scorci della piazza del Convento con l’evidenza di alcuni dettagli che ci svelano come fosse la piazza oltre cent’anni fa.

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(foto Ciceri)

Le foto ritraggono diverse persone all’uscita dalla messa, allora celebrata nella chiesa del convento dato che la parrocchiale era ancora in costruzione, e paiono riprese in periodi diversi visto che una in particolare è scattata d’inverno, con la neve che imbianca la collina di sa Costa, mentre le altre appaiono abbastanza soleggiate e la neve non s’intravvede.

Orani 3La foto con la neve è con molta probabilità da attribuire al fotografo/farmacista nuorese Raffaele Ciceri, autore di uno scatto molto simile caratterizzato da una identica situazione climatica. Daltronde, come è stato documentato nella mostra tenutasi nel 2013 al TRIBU di Nuoro, Ciceri era assiduo frequentatore di Orani.

Orani 5Oltre che per la testimonianza sui costumi indossati, le foto sono interessanti perché documentano com’era la piazza del Convento prima degli interventi fascisti degli anni ’20 e prima di quelli degli anni ’60 che ne hanno determinato la fisionomia attuale.

Orani 4Intanto va evidenziato che la gradinata delle scale che collegava i due livelli della piazza non era centrale come ora, ma era più spostata sulla sinistra, mentre sul lato destro esisteva un’altra rampa più stretta che costeggiava il muro, demolita ed eliminata negli anni ‘60 in occasione del rifacimento della piazza.

La piazza superiore, oltre ad essere alberata, sul lato destro era ancora caratterizzata dallo splendido porticato (visibile nella foto di Ciceri), demolito negli anni ’20 quando fu costruita la “Casa del fascio”, diventata poi scuola materna e attualmente sede della pro-loco.

Orani 6Chiaramente la parte inferiore non aveva le sembianze di oggi visto che al posto dei due bar che oggi caratterizzano la piazza c’era un grande muraglione di contenimento, parzialmente visibile (dietro l’auto parcheggiata) in una foto degli anni ’30.

La famiglia di Arzana

Nei mercatini spesso ci si imbatte in frammenti di Sardegna approdati chissà per quali vie in Continente.
Nel mercatino antiquario di San Miniato (PI) ho comprato un piccolo lotto di sei fotografie di cui tre sicuramente della seconda metà dell’Ottocento e tre dei primi del Novecento.

Le foto sono relative a persone e costumi di Arzana e solo una ritrae una donna che indossa il costume tradizionale che potrebbe essere di Belvì.

arzana FOTO 010 bisarzana FOTO 009 bisLe foto piccole sono su carta intestata dei fotografi cagliaritani Tarasconi e Laj Rodriguez e sono le tipiche foto “formato visita” (cm 6.5 x 11) che imperversavano quando, alla fine dell’800, la fotografia iniziò a diventare un fenomeno di massa.

arzana FOTO 014 bisLa foto col costume di Belvì, eseguita dal fotografo Alfonso Efisio Thermes (Cagliari, 1886-1969), è incollata su un cartoncino con motivi floreali Liberty (cm 13.4 x 20) e  nel retro riporta una dedica: “alla mia buona sorella con grande affetto. Maria – Cagliari 12/05/1908”.

La data manoscritta sulla foto è interessante perché permette di anticipare di qualche anno l’inizio attività di Thermes (solitamente indicata intorno al 1915). È interessante anche da un punto di vista tecnico in quanto è a colori, con effetti ottenuti grazie alle prime tecniche sperimentali che permettevano, comunque, di ottenere risultati apprezzabili. .

arzana FOTO 013 bisIl gruppo familiare (cm 9.5 x 13.5) è incollata su un cartoncino con la scritta “Formato Gabinetto” e non riporta alcuna indicazione sul fotografo. L’immagine testimonia l’inesorabile avanzata dei nuovi stili di vita, con la donna e il vecchio patriarca ancorati al passato dei vecchi costumi tradizionali di Arzana, e il giovane con un abbigliamento “alla cacciatora” con giacca, pantaloni e panciotto di fustagno e con, ben evidente, la catena dell’orologio riposto nel taschino.

Le due foto dei primi del ‘900 (cm 13.7 x 8.7) ritraggono alcuni cavalieri di Arzana, rigorosamente in costume, radunati in occasione di qualche festività. Quella con i cavalieri in primo piano ha nel retro la scritta a matita “Arzana”; per il resto le due foto sono anonime e non riportano alcuna indicazione sul fotografo che le ha eseguite.

arzana FOTO 011 bisarzana FOTO 012 bis

Costumes

costume pauli latino 002costume fonni 004La passione e la curiosità mi hanno portato, negli anni, a sviluppare una particolare attenzione per tutto quello che “racconta” qualcosa della Sardegna.
Libri, quadri, ceramiche, cartoline, sono sempre, sistematicamente, vagliati, sia che si tratti della bancarella di un mercatino piuttosto che lo scaffale di una libreria.
costume fonni 001costume ozieri 011Da qualche anno le possibilità si sono enormemente ampliate grazie a internet che, però, avendo allargato a dismisura il numero dei ricercatori, ha reso molto più difficile la possibilità di reperire oggetti interessanti.
Tra le ultime cose, “viaggiando” su internet, ho scovato un lotto di 14 fotografie di costumi sardi, sicuramente risalenti alla seconda metà dell’800, quando la costume oristano 010fotografia costume nuoro 012costume desulo005costume desulo 008muoveva i primi passi.
Si tratta di piccole foto (cm 6 x 10,5) “formato visita”, applicate su cartoncino rigido. Non riportano alcuna indicazione del fotografo che le ha realizzate e, nel retro, una scritta a matita indica la località a cui il costume si riferisce.
Tutte le foto sono a figura intera, esclusa una scattata a distanza ravvicinata. Solo una foto presenta evidenti danni, le altre costume nuoro 009costume cagliari rigattiere 014sono in ottime condizioni.
Tutte le foto sono colorate a mano.
Con molta probabilità sono da far risalire allo studio fotografico di Eugenio Aruij, attivo a Cagliari intorno al 1860, di cui si conoscono alcune foto simili a quelle da me acquistate e che era conosciuto costume nuoro 003costume cagliari 006proprio per le sue foto colorate a mano.
Altro fotografo attivo a Cagliari nello stesso periodo era Agostino Lay Rodriguez. Anche lui si cimentava nelle foto “formato visita” utilizzando la tecnica “a doppio fondo e colorito istantaneo” che permetteva di applicare una speciale costume aritzo 013costume sedilo 007vernice rossiccia al viso e alle mani dell’immagine.
Occorre segnalare, comunque, che una delle foto in mio possesso (costume di Oristano) è stata pubblicata nel volume “Visioni di Sardegna” di Oliviero Maccioni (Edizioni 3T, Cagliari 1983) ed è attribuita a Giuseppe Luigi Cocco, chimico e farmacista, uno dei pionieri della fotografia a Cagliari, che iniziò l’attività di fotografo nel 1866 e che, tra alterne vicende, proseguì sino al 1878.
Le Foto (da sinistra a destra) si riferiscono ai costumi di: Paulilatino, Fonni maschile, Ozieri,  Fonni femminile, Oristano, Nuoro bambina, Desulo, Desulo, Nuoro maschile, Rigattiere Cagliari, Nuoro bambino, Cagliari, Aritzo, Sedilo.

A Nugoro so andau….

Tra Natale 2012 e Capodanno 2013, ho colto l’occasione per una breve puntata in Sardegna.

raffaele ciceriUna mattinata a Nuoro mi ha permesso di visitare la mostra di Raffaele Ciceri, allestita nei locali del TRIBU, godendo della specialissima guida di Vanna Fois della casa editrice Ilisso di Nuoro, che ha curato il catalogo della mostra.

Devo dire che una visita al TRIBU vale sempre la pena farla in quanto, oltre alle mostre in corso, è sempre possibile visitare l’esposizione permanente delle opere di Francesco Ciusa.

La mostra delle foto realizzate dal farmacista Ciceri, abbraccia un periodo che parte dai primi anni del ‘900 sino a tutti gli anni ’20. Sono immagini che documentano aspetti sconosciuti della vita nuorese e dei paesi dell’interno e che testimoniano la grande passione di Ciceri, oltre al suo notevole bagaglio tecnico.
Le foto, infatti, erano realizzate con un apposito apparecchio in grado di ottenere l’effetto tridimensionale. La cosa è stata ovviamente sfruttata dai curatori della mostra che hanno predisposto appositi pannelli da visionare con occhialini tridimensionali, in grado di simulare, se ci si sposta, addirittura effetti di movimento delle immagini. ciceri_tribu_02Tra le tante foto di Ciceri, un discreto nucleo riguarda Orani, con bellissime immagini di un ballo sardo in Piazza santa Croce, scene di una processione e una straordinaria documentazione fotografica su com’era la sala consiliare di Orani, affrescata dal pittore Mario Delitala antecedentemente alla prima guerra mondiale.

http://www.tribunuoro.it/mostre/elenco/2012-10-31/raffaele-ciceri-fotografie-di-nuoro-e-della-sardegna-nel-primo-novecento

Approfittando della presenza dell’amico Marco Peri, ho continuato il tour nuorese e ho visitato la mostra/performance fotografica dell’artista Gianluca Vassallo, organizzata dall’Associazione Culturale Madriche presso l’ex Casa Sulis, nelle adiacenze di P.zza Su Connottu. I frequentatori della mostra vengono ritratti da Vassallo con uno scatto ravvicinato che ne esaspera tratti e dettagli. foto vassalloLe foto vengono stampate ed esposte in una performance in itinere, destinata a prolungarsi all’infinito. I risultati delle foto sono alquanto “inquietanti” ma testimoniano l’inquietudine generale che caratterizza il nostro mondo di individui e i nostri tempi. Ovviamente anche il mio ritratto è finito tra quelli esposti!
http://www.comune.nuoro.it/index.php/Cultura_e_Sport/Appuntamenti/5780/Pubblico_-_Individuo/Cosa_Pubblica/Pubblici_Individui_del_fotografo_Gianluca_Vassallo.htm

Per concludere la giornata nuorese (grazie anche di una splendida giornata di sole), ci siamo recati verso la chiesa della Solitudine per ammirare l’installazione dell’artista Maria Lai, dedicata a Grazia Deledda.

maria lai nuoro (1) bis maria lai nuoro (6) bisDevo dire che la situazione che si è presentata è stata, a dir poco, imbarazzante: sull’opera di Maria Lai, infatti, campeggiava un cartello con la scritta “Questo monumento (?) di cemento armato sorge su terreno di proprietà privata occupato abusivamente dal Comune di Nuoro. E il Sindaco? Fa lo gnorri e … se ne frega”.
Una situazione umiliante per l’opera di Maria Lai che, sicuramente, non ha bisogno di essere coinvolta in beghe o dispute amministrative.
Una situazione umiliante per la città di Nuoro che, nel momento in cui attraverso i suoi amministratori ha deciso di “onorare” Grazia Deledda con un’opera di Maria Lai, dovrebbe aver appurato la disponibilità del sito dove installare l’opera.
E’ una situazione che l’amministrazione (sindaco in testa) deve rapidamente affrontare e risolvere, per dare il giusto risalto all’opera dell’artista Maria Lai, che deve essere portatrice solo di messaggi positivi e culturalmente alti, e non di meschine e burocratiche dispute paesane.

Orani, aprile 1956

“L’illustrazione sarda” era una rivista mensile d’attualità, economia, arte, sport e varietà che nel titolo e nei contenuti voleva emulare la ben più importante “Illustrazione italiana”.
A differenza della più blasonata “italiana”, però, mi risulta che “L’illustrazione sarda” sia nata e morta nel 1956, visto che il numero 1 venne pubblicato a febbraio di quell’anno, e il numero 7/8 (che dovrebbe essere l’ultimo uscito) nel mese di settembre.
La rivista, stampata dalla Tipografia Moderna di Sassari, era diretta da Mario Ligia e poteva contare sul contributo di numerosi collaboratori che, nei loro scritti, affrontavano argomenti di attualità e di cultura legati alla Sardegna.

Della mia collezione fanno parte i primi tre fascicoli di questa rivista e, in particolare, trovo interessante il secondo fascicolo, quello di aprile del 1956.
In questo fascicolo, infatti, a pagina 15, è pubblicato un articolo firmato da Anna Cadeddu, dal titolo “Orani”.

L’articolo, costituito da due pagine di testo, si sofferma poco sul paese descrivendo in dettaglio, invece, il Monte Gonare e le sue leggende.
L’articolo è corredato da tre foto di Valerio Manunza e da un disegno non firmato. Una delle foto, la più piccola, riproduce una vista del monte Gonare, una l’interno di un cortile, che a me sembra quello di casa Ballerini, mentre la terza foto mostra uno scorcio del corso Italia nel tratto prima di arrivare alla piazza del Convento.

Lo scatto fotografico, con una vista più o meno simile alla situazione attuale, è interessante perché appare la vecchia struttura delle case che conservano ancora gli originali balconi in legno.

Anche il disegno riguarda lo stesso tratto di strada della foto, dato che la rampa di scale è quella del vico Tharros che scende dal corso Italia, più o meno nel punto dove è stata scattata la foto precedente.

Un’altra traccia di memoria oranese da condividere, dunque, nella quale gli osservatori più attenti potranno cimentarsi nel riconoscimento delle persone che si intravvedono