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7 maggio 2022: Il Nivola ritrovato a Orani

Il 7 maggio sono a Orani, al Museo Nivola, per presentare il libro “Il Nivola ritrovato. Un artista tra l’America e il Mugello” : vi aspetto e vi invito a diffondere. Grazie

Su Postu: agorà di Orani

C’è una piazza a Orani dedicata a Giuseppe Mazzini che, però, tutti in paese conoscono come Su Postu.
Su Postu è una piazza importante per Orani e, da sempre, accoglie la cerimonia religiosa de “S’Incontru”, quando due processioni , una con la Madonna e l’altra con il Cristo risorto, in un turbinio di fucilate a salve (?), si incontrano nel momento di massima celebrazione della Pasqua.
Ed è importante Su Postu perché proprio da lì, da un paio d’anni, è partito il progetto “Orani pergolato”, ideato dall’artista Costantino Nivola negli anni ’50.
Sulla piazza de Su Postu, poi, si affacciano le abitazioni di altolocate famiglie oranesi, da tempo residenti a Casteddu, e si affaccia la casa di Mario Delitala, artista di primo piano, che di Orani ha dipinto ogni angolo, compreso Su Postu che, comodamente, vedeva dalla sua finestra.
Bene ha fatto, dunque, Bastiana Madau a scegliere Su Postu per la splendida rassegna #QuFestival #QuandoTutteLeDonneDelMondo che ancora oggi (sabato 19 settembre) e domani (domenica 20 settembre) vedrà ospiti scrittrici e studiose che offriranno una visione al femminile di quanto la cultura sia in grado di proporre.
Se siete da quelle parti, dunque, oggi e domani alle 19.00 l’appuntamento è a Su Postu, per immergersi in diretta nell’agorà di quella piccola polis che si chiama #Orani 

Su Postu in un dipinto di Mario Delitala

Antonio Piu fotografo

Antonio Piu fotografo

L’ACSIT, Associazione Culturale Sardi in Toscana di Firenze, e il Circolo “Peppino Mereu” di Siena, tra gennaio e febbraio, hanno reso omaggio al genio  creativo del fotografo Antonio Piu con l’esposizione di una rassegna di ritratti da lui realizzati negli anni ‘60

La mostra è stata inaugurata domenica 19 Gennaio a Firenze e domenica 9 Febbraio a Siena. A Firenze la mostra si è tenuta presso la sede ACSIT in Piazza Santa Croce, 19  ed è andata avanti sino a domenica 2 febbraio. A Siena, invece, le foto sono rimaste esposte esposte da domenica 9  Febbraio a Domenica 23 Febbraio presso il Circolo “Peppino Mereu”  in Via Sant’Agata 24

Antonio Piu (1921-2005), nato e vissuto sempre a Orani (NU), era considerato un personaggio al limite dell’eccentricità, uno di quei “geni” un po’ fuori dalla norma che spesso si ritrovano nei piccoli centri della Sardegna e non solo: accanto alle attività “ufficiali” svolte per oltre quarant’anni come fotografo, orologiaio e calzolaio, Piu coltivava, infatti, molteplici interessi che andavano dalla chimica all’astronomia.

In campo fotografico la sua attività era quella tipica del classico fotografo di paese, “ingaggiato” all’occasione per matrimoni, battesimi, compleanni, ecc., e molta della sua produzione era destinata agli scatti per fototessere da utilizzare per documenti vari.

Come fotografo era molto “naif”: nelle sue foto gli accorgimenti tecnici erano praticamente inesistenti. Non utilizzava, ad esempio, paraventi o fondali dipinti e lo sfondo per le fototessere era quasi sempre la finestra del suo fatiscente laboratorio di ciabattino, dove un grosso armadio fungeva da camera oscura per lo sviluppo dei negativi e dove le cianfrusaglie accatastate e le ragnatele la facevano da padrona.

Alcuni anni fa, in maniera del tutto fortunosa, è stato recuperato un archivio di oltre 1300 negativi, la maggioranza dei quali sicuramente attribuibili a Antonio Piu, soprattutto per quanto riguarda i ritratti per fototessera. Si tratta di foto che coprono un periodo di circa cinquant’anni, dai primi anni ’40 sino alla fine degli anni ’80. L’intero “corpus” fotografico, valutato nel complesso dei suoi 1300 scatti, ha la particolarità di presentare visivamente la testimonianza del vissuto di un paese, Orani, nel suo complesso e per un vasto lasso di tempo e, anche se molti negativi risultano purtroppo irrimediabilmente rovinati, sono in grado tuttavia di offrire uno spaccato di vita oranese, con immagini di feste, cerimonie, ritratti, ecc. dalle quali emergono persone, eventi privati e pubblici che messi insieme descrivono quello spirito di comunità che ha sempre segnato i ritmi di vita dei paesi in Sardegna.

Da questo materiale sono state selezionate 24 scatti per fototessera di Antonio Piu, databili al 1966.
Sono foto che ritraggano bambini di 10 o 11 anni, e quindi nati nel 1955 e nel 1956, e  probabilmente furono scattate in occasione della preparazione dei documenti per l’iscrizione alla prima media.

Si tratta di un gruppo di bambini che nella comunità di Orani ha vissuto, è cresciuto e si è affermato in diversi campi: le foto scelte per la mostra sono in grado, pertanto, di offrire sia una testimonianza per immagini sull’attività di Piu sia quella di una generazione di paese. I ventiquattro ritratti esposti rappresentano, quindi, un piccolo e limitato spaccato della comunità di

Orani e costituiscono, indubbiamente, un primo nucleo destinato ad allargarsi in una mostra ben più ampia e rappresentativa dei lavori di Antonio Piu.

Come detto, però, Piu oltre a svolgere una multiforme attività, era anche un curioso della natura con una grande passione, la mineralogia. Girava per le campagne in cerca di minerali da analizzare e classificare. Tale passione lo ha portato a lasciare un segno indelebile per la comunità di Orani. Alla fine degli anni ’80, infatti, Antonio Piu individuò un giacimento di feldspati, minerali di primaria importanza per la produzione della ceramica di qualità. Segnalò la sua scoperta a un’azienda di Sassuolo e, per le informazioni fornite, venne ricompensato con un vitalizio: Antonio Piu smise di fare il fotografo, l’orologiaio e il ciabattino e, per il resto dei suoi giorni, visse di rendita, mentre a Orani venne avviata un’attività estrattiva che, ancora oggi, dà lavoro a diverse persone

 

Le foto (dall’alto):
Antonio Piu con la sua ‘600;
Inaugurazione della mostra a Firenze;
Inaugurazione della mostra a Siena;
Vecchio oranese in costume;
Bambino a cavallo in un vicolo di Orani;
Ritratto di Angelino Mereu;
Fuori dal Bar a Orani;
Ballo sardo a Oniferi;
Paginone su La Nuova Sardegna.

 

Il mondo visto da una sedia

1926: Babbo a due anni. Vestito da fraticello, con tanto di cordone alla cintola, per un voto a S.Francesco. Sta in piedi su una sedia e, da un esame ingrandito della foto, si notano gli scarponcini chiodati (cusinzeddos) di produzione artigianale. Si intuisce anche un fondale “rurale”, visto che in un angolo si intravvedono tre galline intente a becchettare.

1948: zia Elena ha tre anni. Vestita da suora, credo per voto a Santa Rita, sembra che tenga in mano un giocattolino. Calzettoni di lana grezza, probabilmente realizzati da nonna ai ferri, e anche in questo caso scarponcini sicuramente frutto del lavoro di qualche calzolaio di paese. Dall’ambiente “rurale” sono sparite le galline ma si intravvede una porta, con il vecchio sistema di chiusura a “cricchetta”, che per stare aperta necessita di un bel blocco di mattone (una cothza).

1950: zio Mario ha un anno. La sedia è più o meno la stessa e continua a svolgere la sua funzione di luogo prescelto per far vedere il mondo dall’alto ai bambini Mereu. I tempi cambiano e ai piedi compaiono un paio di sandaletti “con gli occhi”, acquistati nel negozio e non dovuti alla mano di qualche artigiano. Lo zio ha dismesso gli abiti religiosi e indossa un pagliaccetto con pettorina: forse nel 1950 iniziavano a usare i vaccini che, in quanto a preservare i bambini, si dimostravano più efficaci dei voti dedicati ai santi.

Orani: i timbri per il pane e “su coccone ‘e vintichimbe”

I timbri per il pane, “pinta-panes” o “pinta-coccones”, hanno antichissime origini e sono riconducibili agli stampi o sigilli di pietra, di terracotta, di legno, di corno, con un disegno inciso o intagliato, che serviva per stamparlo ripetute volte sull’epidermide del corpo o per “marchiare” animali o oggetti.

Una funzione simile dovevano avere anche le “pintaderas” nuragiche, veri e propri tamponi in terracotta, utilizzati per motivi decorativi pratici o magico/religiosi.

Un uso molto simile era quello riservato ai “pinta-coccones”, sempre caratterizzati dal duplice scopo, decorativo e magico-religioso. Se da un lato, infatti, i timbri rivestivano un carattere puramente decorativo, dall’altro avevano spesso un uso legato a pratiche magico/religiose per preservare il pane dal malocchio.

Normalmente i “pinta-coccones” riprendevano motivi decorativi floreali o elementi geometrici tipici dell’artigianato simili a quelli utilizzati per le cassapanche, ma spesso i simboli erano legati all’occasione per cui i “pinta-coccones” erano stati realizzati. In occasione di fidanzamenti o matrimoni, ad esempio, abbondavano di cuori stilizzati in diverse fogge a sottolineare l’amore che permeava l’evento.

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coccone 1In alcune circostanze l’utilizzo dei timbri era di esclusivo uso religioso, come ad esempio quando si realizzava il pane da offrire ai pellegrini in occasione della festa a Gonare il 25 marzo.

In tale occasione una o più famiglie, per voto alla Madonna di Gonare, producevano innumerevoli forme di pane su cui era applicato il timbro con l’effige della Madonna. Il pane, su coccone ‘e vintichimbe, veniva offerto a tutti i pellegrini che si recavano al santuario.

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Distribuzione de “Su coccone ‘e vintichimbe” a Gonare

138 cosseddu antonio e roberto (7) bisUguale funzione avevano i timbri che riportavano la figura di S.Antonio, utilizzati per marchiare “su pistiddu”, il tipico dolce a base di miele, semola e zafferano, che il giorno della festa del santo (16 gennaio) veniva portato in chiesa per la benedizione.

(Il brano e tratto dal mio libro “Mastros de linna. Falegnami e carpentieri a Orani“, pubblicato dall’editore Nardini di Firenze nel 2014.
I due timbri quadrati riprodotti in alto sono opera di Tziu Paulu Cosseddu. I timbri della Madonna di Gonare e di S.Antonio sono stati realizzati da Roberto Cosseddu)

Un pezzo di Orani che non c’è più

Marina è un’amica di Nuoro con la quale condivido passioni e interessi. Negli anni abbiamo imparato a non “pestarci i piedi” con le nostre ricerche, così se per esempio compare su eBay una cartolina che interessa a entrambi, evitiamo di farci concorrenza in modo da non alzare i prezzi dei prodotti in vendita.

Succede, anzi, che a volte ci si segnali a vicenda gli articoli di reciproco interesse.

Nei giorni scorsi Marina mi ha contattato per segnalarmi che aveva acquistato un lotto di vecchie foto di Nuoro e che, tra queste, ce n’era una riconducibile a Orani. Alla mail era allegata l’immagine qui riprodotta.

foto-orani-da-marina-moncelsiLa foto, datata “Orani 21/4/1929”, raffigura un giovane adolescente con pantalone alla zuava, calzettone lungo, farfallino e cappello a visiera in testa. Il giovane è poggiato al basamento della colonna con la croce che una volta era collocata in Piazza Convento. Lo scorcio di piazza che si intravvede è caratterizzato dalla presenza degli alberi (eliminati definitivamente nei primi anni ’60) e, soprattutto, dallo splendido porticato in pietra che circondava la piazza, demolito durante il ventennio per far posto a quella che era la “casa del fascio”.

Una bella testimonianza visiva di un angolo di Orani che non esiste più … così come non esiste più la foto!.

E’ successo, infatti, che Marina mi abbia fatto omaggio della foto inviandomela tramite le poste italiane. Ebbene, la lettera con la foto non è mai arrivata e la foto si è persa in qualche meandro di smistamento. Per il momento ci accontentiamo della versione digitale e l’unica speranza è legata ai noti disservizi delle poste nostrane: non mi stupirei se, tra qualche anno, un postino, con nonchalance, suonasse alla mia porta per consegnarmi una lettera con foto miracolosamente riapparsa.

Tziu Nino Masini, suonatore di ballo sardo

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Le due immagini del ballo in piazza sono del grande fotografo Franco Pinna (La Maddalena 1925 – Roma 1977). La foto a colori è tratta dal volume “Sardegna” della collana Tuttitalia, dedicata alle regioni italiane e pubblicata dall’Istituto Geografico De Agostini di Novara nel 1963, mentre la foto in bianco e nero è tratta dal volume “Sardegna una civiltà di pietra”, della collana Italia nostra, pubblicata dall’Automobile Club d’Italia nel 1961.
Pinna faceva parte dello staff che negli anni ’50 percorse il Meridione d’Italia e la Sardegna per documentare le tradizioni popolari delle genti del Sud. Quella ricerca, coordinata da Ernesto De Martino, permise di mettere insieme una sterminata documentazione fotografica e audio visiva sulle principali manifestazioni folcloriche, ancora vive alla fine degli anni ’50.
Le due foto riprodotte, scattate a Orani in Piazza S.Croce, come si può notare dagli impianti di registrazione approntati in piazza, vennero realizzate in occasione di una campagna documentaria sul Carnevale in Sardegna promossa dal Centro Nazionale Studi Musica Popolare di Roma in collaborazione con l’Accademia di S.Cecilia e con la RAI.
tziu nino 2Nelle due foto il suonatore impegnato all’organetto è tziu Nino Masini che del ballo sardo era un vero e proprio virtuoso. Suonava l’organetto con grande maestria e con lui la piazza si animava per quel ballo trascinante e oltre modo coinvolgente. Il suo “dillu” prolungato era una vera e propria gara di resistenza che solo i ballerini più abili riuscivano a portare in fondo. La figlia di Ziu Nino, Paola, apprezzata per le sue composizioni poetiche, in un verso scrive: “…ricordo con amore il babbo quando / suonava l’organino in piazza santa Croce / sprigionando nell’aria, come d’incanto,/ note gioiose, allegri motivi…
Nel 1961, a conclusione della campagna di raccolta di materiale folclorico, a tziu Nino venne rilasciato anche un attestato di riconoscimento per il contributo dato, soprattutto in occasione delle ricerche sul Carnevale in Sardegna.
Ed eccola la lettera, riprodotta integralmente, grazie a Gonario Noli, genero di tziu Nino, che l’ha messa gentilmente a disposizione.

lettera tziu nino

Su Vicariu: Orani e il suo parroco

Rita Niffoi, pediatra, alterna la sua attività di medico a quella di ricercatrice di tradizioni oranesi. In questo suo percorso di recupero della memoria storica, dopo i volumi “Vocabolariu Oranesu-Italianu / Italianu-Oranesu”, e “Mi depo accostare a Deus – Sas preghieras de sos Oranesos“, raccolta di antiche preghiere tramandate dal popolo di Orani, Rita a scritto un nuovo libro dedicato alla figura e all’opera di Don Nicolò Barboni, “su Vicariu”, oranese di nascita, che a Orani ricoprì l’incarico di parroco per quarant’anni.
DON BARBONIIl volume, che s’intitola “Don Nicolò Barboni, 1869-1957: 88 anni di storia Oranese”, racconta dettagliatamente la vita di Don Barboni che, inevitabilmente, diventa una minuziosa storia di Orani, visto che il prete ebbe un ruolo non secondario su tutte le vicende (piccole e grandi) che interessarono il paese.
Così, se da un lato il volume riserva grande spazio a vicende come la costruzione della chiesa par-rocchiale o alla nascita delle diverse associazioni cattoliche, dall’altro fa emergere decine di eventi, di aneddoti legati a personaggi oranesi e non. Un lavoro certosino, ottenuto grazie all’attenta analisi di libri e documenti, che Rita Niffoi ha saputo condurre e sviluppare in maniera eccelsa, con passione, senza mai esagerare nell’agiografia del parroco e senza cadere nel facile elogio del personaggio che, invece, è restituito alla memoria di tutti gli oranesi sfrondato da quelle leggende e da quella “mitologia” che in qualche modo circondava la figura di Don Barboni.

"Orani" (dettaglio) in un mio acquerello del 1975

“Orani” (dettaglio) in un mio acquerello del 1975

Il libro, inoltre, ha il pregio di riportare nel microcosmo di Orani anche la grande Storia, quella con la “S” maiuscola, come gli avvenimenti legati alle due guerre mondiali o come l’avvento del fascismo, raccontati e vissuti con la dinamica spicciola degli avvenimenti di paese che, comunque, erano il riflesso preciso di quanto avveniva a livello nazionale.
Il passato è dentro di noi – scrive l’autrice nella prefazione – tutto ciò che è stato, i tempi, i luoghi e le persone, è memoria nascosta da un velo di nebbia e giunge un momento in cui deve essere ri-portata alla luce”: la convinzione è che la ricerca non finisca qui e che Rita Niffoi ci riserverà altri sprazzi di luce per la memoria degli oranesi di ieri, di oggi e di domani.

Rita Niffoi
Don Nicolò Barboni, 1869-1957: 88 anni di storia Oranese
Studiostampa, Nuoro 2015
Pag. 257 – cm 17 x 24
Brossura – copertina illustrata

Quando venne eletto Saragat

Oggi, 31 gennaio 2015, è il giorno di Sergio Mattarella, nuovo Presidente della Repubblica eletto con una larga maggioranza rispetto ai voti necessari, in una elezione che, tutto sommato, si è consumata in tempi brevi, visto che il responso positivo è giunto dopo la quarta votazione.
saragat corriereBen altra cosa rispetto alle ventuno tornate elettorali che si resero necessarie per eleggere Giuseppe Saragat nel 1964.
La politica allora era caratterizzata da una fortissima DC frammentata in numerose correnti, e che rappresentava il centro-destra, dal PCI e dal PSI, gli storici partiti di sinistra, dal PRI, PSdI e PLI , partiti minori collocati al centro, e da MSI e Monarchici all’estrema destra.
L’elezione di Saragat giunse, appunto, alla ventunesima votazione quando vennero ritirate le candidature di Nenni(PSI) e Terracini (PCI) e i voti della sinistra si riversarono sul socialdemocratico Saragat che sul suo nome fece confluire anche i voti di parte della DC.
Credo che all’elezione di Saragat siano legati i miei primi contatti con la politica e con la familiarità di certi nomi. Risale sicuramente ad allora la mia scoperta di personaggi come Fanfani, Terracini, Nenni, Saragat e quel Bucciarelli Ducci di cui tutti ci chiedevamo quale fosse il nome ignorando che fosse un doppio cognome.
Nel 1964 avevo otto anni e da noi a Orani la televisione era ancora un lusso per pochi. Le notizie si ascoltavano alla radio, tutti zitti, quando c’era il “Gazzettino” che ci informava sull’andamento delle votazioni per il nuovo capo dello Stato. L’elezione del Presidente Saragat andò tanto per le lunghe che divenne un evento dove un po’ tutti, grandi e piccoli, erano coinvolti per le discussioni politiche che innescava. Ricordo le discussioni di mio padre, comunista convinto, che teneva testa a un vicino di casa, professore alle scuole medie, fervente democristiano. Discussioni che magari partivano da una quisquilia di paese e approdavano alla politica internazionale, con difese a spada tratta della Russia o dell’America a seconda di chi parlava. Erano comunque discussioni incentrate sul rispetto reciproco, che mai trascendevano e che, quasi sempre, terminavano davanti a un bicchiere di buon vino.
Con l’elezione di Saragat l’intimità della radio, ascoltata in religioso silenzio e in famiglia, venne seriamente messa in crisi da un evento che in “Sa Gruche”, il mio vicinato, era diventato la notizia del giorno: tziu Totoni Carrone aveva la televisione.
60-anni-RaiTziu Totoni (il nonno materno dello scrittore Salvatore Niffoi) era un vicino di casa, minatore in pensione, con il pallino della tecnologia. Una passione che, già pensionato, lo portò a iscriversi alla Scuola Radio Elettra di Torino, una scuola che forniva nozioni di tecnica ed elettrotecnica per corrispondenza .
Ebbene, seguendo i corsi della Radio Elettra e acquistando i pezzi che man mano gli servivano, tziu Totoni era riuscito a costruire il televisore che, per l’appunto, iniziò a funzionare nei giorni dell’elezione di Saragat.
Fu così che tutto il vicinato venne invitato e si riunì a casa di tziu Totoni per assistere all’accensione “ufficiale”, una sorta di ricevimento con tzia Gonaria, la moglie, che offriva caffè alle signore, vino agli uomini e biscotti ai bambini.
E noi bambini tutti lì, seduti in terra in prima fila davanti al televisore in attesa dell’accensione. Prima dell’”apparecchio”, che non aveva ancora la forma finita (molti fili erano ancora all’aria e mancava la scatola esterna) venne acceso il trasformatore che aveva bisogno di un po’ di tempo per riscaldarsi. Fu poi la volta del televisore e sullo schermo si illuminò un piccolo puntino bianco. Per alcuni secondi ci fu un silenzio irreale e poi la TV iniziò a parlare: “Fanfani, Fanfani, Leone, Terracini”. Era la voce stentorea del presidente della Camera Bucciarelli Ducci che leggeva i nomi sulle schede.
Ci furono complimenti, strette di mano e auguri “a bos la godire chin salude”.
E mentre Bucciarelli Ducci continuava a leggere, l’immagine sullo schermo appariva disturbata da una serie di righe orizzontali che deformavano il tutto. Con perizia tecnica, tziu Totoni spiegò che il giorno dopo sarebbe andata meglio dato che avrebbe aggiustato l’orientamento dell’antenna verso il ripetitore di Vadde Urbara in modo da regolare meglio l’immagine.
Fu così che in quei giorni ho potuto assistere, in una sorta di rito di comunità, alle diverse votazioni che portarono all’elezione di Saragat, e fu così che imparai i nomi di quei politici che, nella mia memoria, mai riuscirò a separare dal ricordo di tziu Totoni e del suo “apparecchio”.

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La casa di Via Roma a Orani in una mia xilografia del 1981.

 

Quando le foto ti ritrovano

Grazie a una delle mie grandi passioni, la collezione di antiche cartoline della Sardegna, appena posso giro per mercatini alla ricerca di rarità per arricchire la mia raccolta. Un’appuntamento fisso, tutti i mesi, è il mercatino dell’antiquariato che si tiene a Firenze presso i giardini della Fortezza da Basso. Alcuni anni fa, mentre rovistavo in un banco particolarmente fornito di cartoline e vecchie foto, mi ritrovai per le mani una foto che ritraeva un giovane seduto, in posa, accanto a un vecchio apparecchio radiofonico. Non ebbi dubbi e lo riconobbi subito: era mio suocero, Giuseppe Campanini, nato nel 1906 e morto nel 1981, uno dei primi radiotecnici in Italia.
SUOCERO 029Feci presente la “scoperta” al titolare del banco che, incredulo, sfilò la foto dalla sua custodia: nel retro c’era la firma autografa e una dedica ad un amico farmacista di Sarzana che ne confermavano l’identità. La foto era datata 1927 e il commerciante la vendeva per 25 euro vista la rarità dell’apparecchio radiofonico ritratto accanto a mio suocero. Volevo pagare e acquistare la foto, sconosciuta a tutta la famiglia, per riportarla nell’alveo familiare, ma il commerciante rifiutò i quattrini dicendomi: “No. Te la regalo perchè non sei tu che hai trovato la foto, ma la foto che ha ritrovato te”. Quella foto, ora, fa bella mostra di sè, incorniciata, su un ripiano della mia libreria.

marina 197Oggi, 20 novembre 2014, dopo una decina d’anni, la storia si ripete. Con mia moglie Enrica capitiamo per caso al Mercatino delle Pulci di Firenze, in Piazza dei Ciompi. Mi metto a rovistare in un banco tra vecchie cartoline e vecchie foto e, all’improvviso sobbalzo: “questa è mia cugina!”. Giro la foto e nel retro ho la conferma: c’è l’invio con dedica di mia zia Mattiuccia e di mio zio Francesco che, nel 1964, da Lione in Francia inviavano la foto di mia cugina Marina a qualche loro conoscente non precisato nella dedica.

Confesso che sono rimasto sorpreso ed emozionato nel rivedere Marina da piccola con i suoi bei riccioli biondi e nel ritrovare un pezzo della mia famiglia su una bancarella. E, anche se mi rimarrà sempre la curiosità di scoprire come ha fatto questa foto a finire su un banco del Mercatino delle Pulci di Firenze, devo ammettere che per la seconda volta mi succede di essere ritrovato da una foto.