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La “Mora di macchia” di Gaetano Spinelli

Gaetano Spinelli, pittore, era nato a Bitonto, in provincia di Bari, nel 1877. Morì a Firenze nel 1945.
Tra il 1903 e il 1906, si stabilì a Sassari con l’incarico di docente di pittura presso l’Accademia di belle Arti. A Sassari Spinelli incontrò la sua futura moglie e si dedicò con passione alla pittura, ispirato dalla bellezza dei costumi sardi e dai colori dell’isola.
Un articolo pubblicato dalla rivista Emporium nel settembre 1916, dal titolo “un interprete dell’anima sarda: Gaetano Spinelli”, dedica ampio spazio all’esperienza dell’artista in Sardegna, riproducendo anche alcune opere di figure in costume. Sono le stesse opere che possiamo vedere in una foto che ritrae Spinelli nel suo studio di piazzale Donatello a Firenze.
Nella foto sono chiaramente individuabili le opere “Dies mei sicut umbra”, alla sinistra di Spinelli, “Nell’ombra di Sardegna”, la tela con le tre figure femminili dietro il pittore, e “Mora di macchia”, la figura femminile col bambino.
Di quest’ultimo quadro posseggo anche una cartolina che riproduce l’opera a colori. La cartolina, stampata dall’Istituto Arti grafiche di Bergamo, risale al 1918 e risulta inviata da Asti a Firenze nel 1933.

Antonino Pirari, pittore di Nuoro

Ho recentemente acquistato due cartoline. La prima cartolina riproduce il quadro “Venerdì santo” del pittore nuorese Antonino Pirari (1893-1957) e risulta viaggiata da Sassari per Roma nel 1935. La seconda cartolina è viaggiata nel 1902 e riproduce un contadino di Nuoro intento a smuovere un covone. Questa cartolina, oltre alla scritta “proprietà privata”, non riporta alcuna indicazione sull’editore o sull’autore della foto.

Appare singolare, però, che la cartolina del contadino ricordi tantissimo il quadro “Il covone” che proprio Pirari presentò alla Biennale di Venezia nel 1920 e la copertina che l’artista nuorese realizzò per il numero 17 dell’ottobre 1921 de “Il giornalino della Domenica” fondato da Vamba e diretto da Giuseppe Fanciulli.
In quel numero de “Il giornalino”, Fanciulli parla di Pirari in questi termini: “ … Antonino Pirari, giovane ed eccellente pittore di Nuoro, che, quasi ragazzo, illustrò per il Giornalino, nel 1911, una novella di Grazia Deledda, e da allora sempre conserva la più viva simpatia per queste pagine … La composizione riprodotta nella copertina, con una magnifica tricromia, rappresenta un Contadino di Nuoro sull’aia, nell’atto di raccogliere il grano con la pala; la forte figura dal vivido costume è circonfusa di sole, in un’immensità di silenzio ardente”.

Può darsi che si tratti di una semplice coincidenza, ma è probabile che Antonino Pirari abbia avuto per le mani la cartolina del contadino e che a questa si sia ispirato. Occorre tener presente, inoltre, che dai Pirari la fotografia era di casa, visto che il fratello di Antonino, Piero Pirari (1886-1972), ha legato il suo nome all’attività di fotografo, tanto che un fondo di sue foto dei primi del ‘900 è raccolto presso l’Istituto Etnografico della Sardegna.

Giuseppe Verzocchi tra industria e arte

 

Il logo "V&D" in un'opera di Depero

Il logo “V&D” in un’opera di Depero

Giuseppe Verzocchi (1887-1970)era un industriale nato a Forlì.
Costruì la sua fortuna grazie a una fabbrica di mattoni refrattari, la “V&D”, con sede a La Spezia, dove dava lavoro a oltre 280 operai.
Verzocchi era anche un grande appassionato d’arte e tale passione lo spinse a sviluppare un progetto che esaltasse il lavoro umano e che coinvolgesse i principali artisti contemporanei.
Fu così che contattò i protagonisti della pittura italiana invitandoli a dipingere un quadro sul tema del lavoro. Unici vincoli il formato della tela (90 x 70), l’obbligo di far comparire nel dipinto un mattoncino refrattario con la sigla della sua azienda “V&D” e l’obbligo di accompagnare il dipinto con un autoritratto dell’artista.

Verzocchi e la sua collezione

Verzocchi e la sua collezione

All’invito di Verzocchi risposero 72 artisti tra i maggiori protagonisti dell’arte contemporanea italiana (Carrà, De Chirico, Guttuso, Rosai, Sironi, Vedova, De Pisis, Depero, Vittorini, Tosi, Campigli e altri): nacque così un’originale e importantissima collezione, testimonianza delle principali tendenze artistiche italiane del ‘900.
Nel 1961, il 1° maggio, Festa del Lavoro, Giuseppe Verzocchi donò la sua collezione a Forlì, sua città natale, dove attualmente è ospitata e visitabile presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea presso il Palazzo Romagnoli.
Tra i vari artisti che risposero all’invito di Verzocchi, figurano anche il sardo/milanese Aligi Sassu, il sassarese Mario Sironi e Francesco Menzio, pittore originario di Tempio Pausania, attivo soprattutto a Torino.

Autoritratto di Francesco Menzio

Autoritratto di Francesco Menzio

Francesco Menzio (Tempio Pausania 1899-Torino 1979) è presente con il dipinto “lo studio”. “Dovendo scegliere un soggetto per rappresentare il lavoro – scrive Menzio a Verzocchi – mi sono tenuto a quello che ho di continuo sotto gli occhi, e ho dipinto la mia famiglia nello studio nei felici momenti di silenzio, quando ognuno, grande o piccino, è occupato, assorbito completamente da ciò che sta facendo o dal proprio pensiero. È questo un soggetto che io amo: e mi piace assai dipingere gli oggetti ed i luoghi del mio studio. Dire il perché del tavolo nel mezzo? Del pavimento rosso? Ho cercato di avere un disegno continuo che occupasse giustamente tutta la superficie e che il colore vi si adattasse bene; poi ho lasciato che la mano si muovesse il più possibile a suo talento”.

Francesco Menzio, "Lo studio"

Francesco Menzio, “Lo studio”

Orani: tracce d’arte nella Parrocchiale di S.Andrea

Orane no hat cresia prinzipale / ca sa c’hain si che l’han ghettada
(Orani non ha chiesa principale / perchè quella che avevano l’hanno butta giù).

Orani nel 1906. In primo piano "Campusantu vezzu"

Orani nel 1906. In primo piano “Campusantu vezzu”

Così inizia una vecchia canzone composta per prendere in giro gli oranesi che, nel 1816, furono costretti a demolire la copertura della Parrocchiale di S.Andrea, costruita nel XVI secolo, oramai pericolante e a rischio di crollo: rimasero in piedi solo le mura perimetrali e il campanile che ancora oggi

Interno della Parrocchiale

Interno della Parrocchiale

possiamo ammirare.
Il rudere di S.Andrea venne successivamente “riciclato” come cimitero e, sino al 1906 circa, ha assolto tale funzione ed è rimasto impresso nella conoscenza e nella parlata comune degli oranesi come “Campusantu vezzu”.
Con la demolizione della chiesa principale, le funzioni religiose vennero spostate nelle altre chiese del paese, in particolare in Santa Croce e nella chiesa di S.Giovanni Battista del Convento.
Si pose da subito il problema di costruire una nuova chiesa ma solo nel 1867, grazie al lascito di una nobildonna oranese, si riuscì a porre la prima pietra e ad avviare la costruzione della

"La gloria di S.Andrea" di Mario Delitala

“La gloria di S.Andrea” di Mario Delitala

nuova Parrocchiale in stile neoclassico, progettata dall’architetto nuorese Giacomo Galfrè.
La vicenda di tale costruzione risultò alquanto travagliata e, tra dispute ereditarie, liti con le imprese e mancanze di fondi, si arrivò alla consacrazione della nuova Parrocchiale nel 1932, sessantacinque anni dopo la posa della prima pietra. Ma se l’interno della chiesa era ultimato, i lavori di sistemazione all’esterno continuarono ancora per qualche anno e, di fatto, furono definitivamente conclusi intorno al 1960. Chi vuole approfondire le vicende della parrocchiale di S.Andrea può consultare

Retablo del XVI secolo

Retablo del XVI secolo

il libro “Orani. Storia e testimonianze di un popolo”, di Giacomino Zirottu, Ed. Solinas, Nuoro 2000.

Dopo la sua inaugurazione, la Parrocchiale è stata impreziosita da una serie di interventi artistici tra i quali assume notevole importanza la sistemazione dell’altare maggiore, conclusa nel 1955, ad opera dell’artista oranese Mario Delitala (1887/1990). Con tale intervento la Parrocchiale ha assunto l’aspetto definitivo che ancora oggi possiamo ammirare.

"S.Antonio Pacificatore" di Mario Delitala

“S.Antonio Pacificatore” di Mario Delitala

Sull’altare, che presenta la base in marmi policromi eseguita intorno al 1930 dalla ditta Tilocca di Sassari, venne collocata l’opera pittorica che raffigura l’ascesa in cielo di S.Andrea, appositamente realizzata da Mario Delitala. L’Artista, che dal 1949 ricopriva la carica di Direttore dell’Istituto Statale d’Arte di Palermo, progettò e fece realizzare in Sicilia anche la parte lignea dell’altare costituita dalla cornice in legno per il dipinto e dai due angeli inginocchiati posti ai lati. Delitala dipinse il Santo che ascende al regno dei cieli, circondato da un nugolo di cherubini che sorreggono la croce. Per la realizzazione dell’opera il pittore fece posare diversi bambini del paese: fu così che a Orani S.Andrea si avviò a conquistare il

Formella della Via Crucis

Formella della Via Crucis

Paradiso accompagnato dai gioiosi sorrisi di Mario Bruno (Bruneddu “Quaranta”), Giuseppe Bande, Mario Loddo e Giovanni Puggioni.
Mario Delitala, già in passato, aveva avuto modo di intervenire nella Parrocchiale di Orani quando aveva effettuato il restauro del retablo cinquecentesco proveniente dalla chiesa di Santa Maria e ora collocato sopra la porta della sagrestia di destra. Nel 1956 l’artista dipinse il quadro “S.Antonio Pacificatore”, collocato nell’altare della navata di destra. Tale dipinto colmò un vuoto

"S.Francesco predica agli uccelli" di Stanis Dessy

“S.Francesco predica agli uccelli” di Stanis Dessy

nella parete del lato sinistro dell’altare, visto che il lato destro era occupato dal dipinto “S.Francesco predica agli uccelli”, realizzato da Stanis Dessy nel 1932 durante una delle frequenti visite effettuate dall’artista a Orani. Il dipinto, molto curato nei dettagli e nei particolari dei volatili ritratti, ha tra l’altro una curiosa particolarità in quanto, per il frate compagno di S.Francesco, fece da modello il pittore sassarese Mauro Manca.
Nel 1961 Delitala interviene ancora nella parrocchiale e firma un paio delle formelle in ceramica della Via Crucis realizzata in collaborazione con il fratello Franceschino, noto medico ortopedico che, però, si dilettava di pittura con risultati più che dignitosi. Lo dimostrano i due dipinti posizionati nella navata di sinistra della Parrocchiale, raffiguranti San Pietro e San Paolo che, per stessa ammissione di Franceschino Delitala, “parevano tolti dalla cornice della Pinacoteca vaticana, in cui stanno a ricordare l’opera pittorica di fra Bartolomeo della Scala”.

"San Pietro" di Franceschino Delitala

“San Pietro” di Franceschino Delitala

"San Paolo" di Franceschinoo Delitala

“San Paolo” di Franceschinoo Delitala

Don Milani pittore

1 don milani pittoreTra il 1941 e il 1943 il giovane Lorenzo Milani (era nato nel 1923) si dedicò assiduamente alla pittura. Furono anni intensi che permisero a Lorenzo di produrre numerose opere su tela e tantissimi disegni. Questa passione di Lorenzo Milani era nota 1 don milani pittore (2)solo a pochi intimi e alla stretta cerchia dei familiari.
Ora, per la prima volta, una mostra a Firenze propone l’opera omnia, creduta finora distrutta o dispersa, dei dipinti del priore di Barbiana che, prima di scoprire la vocazione, studiò disegno e dipinse a Firenze con Hans-Joachim Staude e all’Accademia di Belle Arti di Brera dal 1941 al 1943.
La mostra ”Don Lorenzo Milani e la pittura: dalle opere 6 don milani pittore (8)giovanili al Santo Scolaro”, che raccoglie oltre 80 opere del giovane Lorenzo, tra dipinti e disegni (nature morte, figure umane e anche qualche nudo) è allestita al primo piano di Palazzo Medici Riccardi, sede dell’amministrazione provinciale di Firenze, ed è visibile fino al 24 luglio.
Un percorso pittorico tutto sommato breve, quello di Lorenzo Milani, che si articola tra l’estate del 1941 – quando, a seguito del diploma, Lorenzo decide di 2 don milani pittore (3)non iscriversi all’università, ma di diventare pittore – e l’estate del 1943. Un biennio che ha determinato una crescita intellettuale e spirituale, oltre che artistica, di quello che diventerà il priore di Barbiana.
Una bella mostra da visitare, per scoprire aspetti 3 don milani pittore (5)4 don milani pittore (6)5 don milani pittore (7)inediti, che aiutano a conoscere e comprendere meglio una figura importante come quella di Don Milani

 

La “Deposizione” di Giovanni Cau da Castelsardo

 Giovanni Cau, artista originario di Ortueri (NU), dove è nato nel 1933, ha aggiunto alla sua firma “da Castelsardo” per sottolineare l’appartenenza al luogo dove ha lo studio e dove produce le sue opere.

Giovanni Cau da Castelsardo rappresenta oggi la continuità della grande tradizione pittorica sarda, potendo annoverare tra i suoi maestri Filippo Figari, Stanis Dessì, Eugenio Tavolara e, soprattutto, il pittore sassarese Costantino Spada.

Negli anni, Cau ha avuto modo di esprimere la sua maestria nelle piccole e nelle grandi opere, come, ad esempio, l’affresco di quasi dodici metri quadri “Pranzo all’aperto”, realizzato all’Agnata, la tenuta di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi presso Tempio Pausania.

Nel 2000 Giovanni Cau tenne una mostra a Firenze presso la sede dell’ACSIT, l’associazione dei sardi in Toscana, che ebbe molto successo e mi permise di conoscere ed apprezzare l’artista e la sua opera pittorica. In quell’occasione acquistai due quadri, due piccole tele raffiguranti, una la scena di un lavatoio con un gruppo di figure in costume, l’altra una campagna carica degli assolati colori estivi della Sardegna.

Mi ha fatto piacere, dunque, ritrovare un’opera di Cau (una bella deposizione) a Orani, nella chiesa del convento, donata da Maria Cheri in memoria del marito Giuseppe Bande.

Mi ha fatto doppiamente piacere, in primo luogo perché la scelta di ricordare Giuseppe con un’opera d’arte è quanto di meglio si poteva fare, in secondo luogo perché, dopo la mostra di Firenze, segnalai l’artista Cau a Giuseppe che, qualche tempo dopo, mi disse di essere andato a trovare a Castelsardo.

Ora quell’incontro, evidentemente proficuo, con la “Deposizione” collocata nell’altare del Convento, è destinato a rimanere indelebile.