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“SARDUS PAPER”

E’ un progetto editoriale da me ideato e curato che punta a recuperare e valorizzare scritti brevi, poco conosciuti e spesso inediti, di argomento sardo.

Il nome “Sardus Paper” trae origine dalla divinità nuragica “Sardus Pater” e si basa sul gioco di parole che trasforma “Pater” in “Paper”, che, tra l’altro,  ricorda la voce papiru = carta in lingua sarda, chiaro riferimento al mondo dei libri.

Il progetto editoriale“Sardus Paper” prevede il recupero e la pubblicazione di vere e proprie rarità di argomento sardo,  scritti brevi poco noti se non addirittura inediti  a partire dal 1800 fino ai giorni nostri. In particolare saranno riproposti articoli, memorie e relazioni con lo scopo di far conoscere personaggi e vicende legate all’arte, alle scienze, alla storia, alle tradizioni e, in generale, alla cultura della Sardegna. “Sardus Paper” proporrà, inoltre, scritti inediti di autori contemporanei.

La scelta editoriale prevede una tiratura limitata di copie numerate che sarà possibile ricevere solo a richiesta: il progetto è rivolto, infatti, a un selezionato pubblico di collezionisti e bibliofili amanti della Sardegna e non seguirà, pertanto, i tradizionali canali di distribuzione. 

Sardus Paper”, progetto editoriale pubblicato con le Edizioni Nardini di Firenze (www.nardinieditore.it), non esclude collaborazioni con  autori, associazioni, enti e istituzioni sensibili a temi legati alla cultura sarda

Sardus Paper ha le seguenti caratteristiche:
* Una pubblicazione al mese di 40/60 pagine
* Tiratura 60/70 copie numerate. Stampa bianco/nero o colore
* Formato A5 – cm 15 x 21; Legatura con doppio punto metallico
* Font: Cocosardo e Monterchi Sans Light dello studio Zetafonts di Firenze.
* CartaTintoretto Gesso da 130 grammi (copertina 300 grammi)

PER INFORMMAZIONI E CONTATTI:
Angelino Mereu: mereuangelino@gmail.com – Tel. : 347.4889851
https://www.nardinieditore.it/categoria-prodotto/sardus-paper/

“Il Nivola ritrovato” a Viareggio

Mercoledì 21 Settembre, alle ore 17.00, presso la splendida Villa Argentina a Viareggio, sarà presentato il mio libro “Il Nivola ritrovato. Un artista tra l’America e il Mugello“, edito da Nardini di Firenze nel 2012 e quest’anno, dopo dieci anni, ristampato in nuova edizione in quanto la prima era andata esaurita.

La scelta di Villa Argentina non è casuale. L’edificio, infatti, conserva al suo interno uno straordinario ciclo pittorico realizzato dall’artista sassarese Giuseppe Biasi (1885-1945) nel 1930 su commissione dei proprietari della villa, i conti di Sant’Elia, originari di Sassari come l’artista.

L’idea, dunque, di far “incontrare” Nivola e Biasi, due tra i più grandi artisti sardi del ‘900 che mai, forse, si incontrarono in vita, mi ha indirizzato verso Villa Argentina che, grazie alla sensibile attenzione della Provincia di Lucca, è stata concessa per l’evento.

La presentazione sarà condotta da Silvia Alessandri, già vicedirettrice della Biblioteca Nazionale di Firenze, ed è prevista una testimonianza di Giorgio Angeli, titolare dei laboratori artistici per la lavorazione del marmo, dove Nivola ha realizzato tutte le sue opere.

Una bella occasione, dunque, per parlare di artisti sardi fuori dalla Sardegna e, per chi vorrà intervenire, la possibilità di ammirare quello splendido gioiello artistico ed architettonico che è Villa Argentina.

7 maggio 2022: Il Nivola ritrovato a Orani

Il 7 maggio sono a Orani, al Museo Nivola, per presentare il libro “Il Nivola ritrovato. Un artista tra l’America e il Mugello” : vi aspetto e vi invito a diffondere. Grazie

La “Giovane Sardegna”

 La cartolina, illustrata dall’artista sassarese Remo Branca (Sassari, 1897 – Roma, 1988), firmata “Remo 1919”, risulta spedita da Genova per Piacenza nel 1920.
La cartolina, come riporta la dicitura sul retro, fa parte di una serie edita dalla “Federazione Giovane Sardegna”, associazione costituita nel 1919 da cui ebbe origine il Partito Sardo d’Azione.
Sezioni della “Giovane Sardegna” furono costituite nell’Isola e nelle principali città italiane. Dell’assemblea, convocata nel 1919 per la costituzione della sezione di Torino, parla anche Antonio Gramsci negli scritti sulla questione meridionale, individuando come promotore dell’iniziativa Pietro Nurra(Alghero 1871 – Genova 1951), studioso di tradizioni e letteratura popolare sarda e bibliotecario presso la Biblioteca Universitaria di Genova. La “Giovane Sardegna” venne sciolta dal fascismo, al pari di tante altre associazioni, nel 1926.

Gavino Cherchi: scrittore e partigiano

Parma, Via Gavino Cherchi

C’è una strada, via Gavino Cherchi, situata nella periferia di Parma, nella zona del Parco del Naviglio, dedicata al giovane intellettuale e giornalista nato a Ittireddu in provincia di Sassari il 15 agosto 1911.  Dopo aver insegnato in varie città della penisola, si stabilì a Parma dove fu docente di  Lettere e Filosofia presso il liceo classico Romagnosi.

Nel 1941 la casa editrice Guanda pubblicò il suo primo e, purtroppo, unico romanzo “Cuore di donna”: la passione letteraria di Gavino Cherchi, infatti, fu ben presto sovrastata dalle scelte di vita che, visto il periodo storico, si trovò a dover affrontare. Dopo l’8 settembre 1943 Gavino decise di aderire alle formazioni partigiane con il nome di battaglia “Stella”. Da subito ricoprì il ruolo di responsabile del SIP (Servizio Informazioni Partigiano) di Parma  ed ebbe l’incarico, fra l’altro, di controllare gli spostamenti delle truppe tedesche e segnalarli alle brigate partigiane. Rivestiva, pertanto, un ruolo estremamente delicato che lo esponeva a enormi rischi che, alla fine, si riveleranno fatali. Il 5 marzo del 1945, infatti, a seguito di una delazione, venne arrestato dalla polizia tedesca. Senza subire alcun tipo di processo, il 28 marzo, dopo tre settimane di prigionia e sevizie, a Casalmaggiore sulle rive del Po, venne ucciso a raffiche di mitra assieme ai partigiani Ines Bedeschi e Alceste Benoldi. I corpi dei tre, gettati nel fiume, non sono mai stati ritrovati.

Gavino Cherchi

Una storia triste per un apprezzato giovane intellettuale che avrebbe potuto dare un prezioso contributo al mondo della cultura e dell’insegnamento.

Il cippo in memoria dei tre partigiani uccisi dai tedeschi

Di lui rimane il nome su una targa che indica una via periferica di Parma e il nome su un cippo nel punto dove venne fucilato. Rimane, però, anche il ricordo da parte dei familiari e dei tanti che non hanno voluto mai dimenticare e che periodicamente ricordano la figura e l’opera di Gavino Cherchi: gli studenti del liceo Romagnosi di Parma, che hanno svolto importanti ricerche affinché il suo ricordo non andasse disperso, il circolo dei sardi di Parma che ne ha sempre mantenuto viva la memoria, la compagnia Theatre en Vol, fondata da Puccio Savioli e da Michelle Kramers, che dal 2015 mette in scena lo spettacolo “Il Vento, storia di Gavino e di altri dispersi”, tratto dal saggio “Il viaggio più lungo” di Gavina Cherchi, nipote del partigiano ucciso e, non ultimi, i familiari di Gavino Cherchi che mai hanno smesso di ricordarlo e onorarlo, in Sardegna e fuori dall’Isola.

Copertina

Scrivo queste considerazioni avendo tra le mani “Cuore di donna” che ho acquistato in una libreria di libri usati.

E’ un libro che si presenta bene grazie alla grafica della copertina, illustrata da Cagnolati (autore anche delle illustrazioni interne), che rappresenta il mondo della scuola ben conosciuto da Gavino Cherchi. 

La prefazione al libro è a cura di Lanfranco Fava (1911-1979 ), autore di diverse pubblicazioni, soprattutto di poesie,  coetaneo e amico di Cherchi, con il quale condivideva la passione per le lettere e per la lotta antifascista, visto che anche Fava fu tra i primi ad entrare in clandestinità con le formazioni partigiane.

Illustrazione interna

Cuore di donna” è un romanzo in perfetta sintonia con quella che era la narrativa del tempo. Una storia che si svolge fra Parma e Piacenza dove, come scriveva Manlio Brigaglia su La Nuova Sardegna del 3 novembre 2005, “Elda, il personaggio principale, è mossa da nobili sentimenti che si scontrano con i luoghi comuni e l’immoralità della società borghese, da cui proviene Maurizio, il suo uomo, che dopo alterne vicende finirà col pagare, buttandosi nella guerra fascista, la sua insoddisfazione della vita e la sua amoralità”.

Un libro mai più edito e quindi non facile da reperire che son ben lieto sia entrato a far parte della mia collezione di autori sardi. Un volume che va oltre i contenuti dello scritto e che, guardando alla breve vita dell’autore, rimanda a  tematiche da tenere sempre ben presenti, soprattutto in questi tempi bui, nei quali l’esercizio del ricordo e della memoria sembrano attività difficili da praticare.

La “Mora di macchia” di Gaetano Spinelli

Gaetano Spinelli, pittore, era nato a Bitonto, in provincia di Bari, nel 1877. Morì a Firenze nel 1945.
Tra il 1903 e il 1906, si stabilì a Sassari con l’incarico di docente di pittura presso l’Accademia di belle Arti. A Sassari Spinelli incontrò la sua futura moglie e si dedicò con passione alla pittura, ispirato dalla bellezza dei costumi sardi e dai colori dell’isola.
Un articolo pubblicato dalla rivista Emporium nel settembre 1916, dal titolo “un interprete dell’anima sarda: Gaetano Spinelli”, dedica ampio spazio all’esperienza dell’artista in Sardegna, riproducendo anche alcune opere di figure in costume. Sono le stesse opere che possiamo vedere in una foto che ritrae Spinelli nel suo studio di piazzale Donatello a Firenze.
Nella foto sono chiaramente individuabili le opere “Dies mei sicut umbra”, alla sinistra di Spinelli, “Nell’ombra di Sardegna”, la tela con le tre figure femminili dietro il pittore, e “Mora di macchia”, la figura femminile col bambino.
Di quest’ultimo quadro posseggo anche una cartolina che riproduce l’opera a colori. La cartolina, stampata dall’Istituto Arti grafiche di Bergamo, risale al 1918 e risulta inviata da Asti a Firenze nel 1933.

Pellerano, l’autocromia e la Sardegna

pellerano autocromia

L’autocromia è un particolare procedimento fotografico ideato nel 1903 dai fratelli Lumière.

Tale invenzione permetteva di realizzare foto a colori, sfruttando un sistema abbastanza complicato, basato su lastre sensibili trattate con granelli di fecola di patate colorati in verde, blu-violetto e arancione. Il procedimento, commercializzato a partire dal 1907, divenne molto popolare e fu ampiamente sfruttato.

Tra i pionieri dell’autocromia è da annoverare anche l’italiano Luigi Pellerano autore del volume “L’autocromista e la pratica elementare della fotografia a colori”, pubblicato nel 1914 dalla casa editrice Hoepli di Milano nella famosa collana dei “Manuali”.

Pellerano, originario di Cagliari, era ufficiale dell’esercito. A partire dal 1910, in Libia, mise in pratica le sue conoscenze fotografiche e le sue foto trovarono spazio su importanti riviste come l’americana “National Geographic”. Successivamente, sempre come ufficiale, viaggiò molto ed ebbe modo di scattare numerose foto in varie località tra cui la Sardegna. Le autocromie realizzate in Sardegna, oltre a essere pubblicate in svariate riviste, diedero origine anche a una serie di cartoline illustrate (12 per la precisione) che riproducevano costumi tradizionali, scene di vita rurale e scorci paesaggistici, stampate dalla Cartoleria Dessì di Cagliari nel 1915.

Tali cartoline ebbero molto successo per il loro perfetto realismo cromatico. Grazie alla tecnica dell’autocromia l’industria tipografica dell’immagine riuscì a compiere un poderoso balzo in avanti e ad aprire importanti scenari per lo sviluppo della fotografia e della sua storia.

Giulio Fara e la Musica Sarda

Si devono al pittore romano Virgilio Simonetti (1897-1982) la copertina e le illustrazioni per il volume di Giulio Fara “Canti di Sardegna – L’Anima del Popolo Sardo”, edito a Milano dalla Casa Musicale Ricordi nel 1923.
Il volume (205 pagine- cm 20,4 x 27,8) riporta testi e spartiti di motivi tradizionali sardi che ripercorrono il ciclo della vita, dalla nascita alla morte, il tutto accompagnato da dodici splendide xilografie di Simonetti che illustrano usi e costumi sardi legati al mondo della musica.
Con questo volume, grazie agli studi di Fara, i canti tradizionali sardi ebbero vasta eco nel mondo della musica “colta”.
Giulio Fara (Cagliari, 1880 – Pesaro 1949) è considerato il più importante studioso per quanto attiene gli strumenti e la musica tradizionale della Sardegna. Proprio nel 1923, anno di pubblicazione del volume qui illustrato, in quanto vincitore di concorso, si trasferì a Pesaro come docente di Estetica e Storia della Musica, oltre che bibliotecario, presso il liceo musicale “Rossini”. Qui prestò servizio ininterrottamente sino alla sua morte, avvenuta nel 1949, con una sola parentesi nel 1943, quando Fara subì una temporanea radiazione dal ruolo per la sua opposizione al regime fascista al quale decise di non aderire neppure formalmente.

esempio di spartito riferito a una ninna nanna

“Pietro Burlone e l’avaro” ovvero le storie di “Predu trampas”

C’era nel Campidano un usuraio, uno di quegli uomini cui piace sfruttare la gente. Sentiva parlare dagli operai dell’esistenza di un certo Pietro Burlone.
— Mah, — diceva — già vorrei incontrarlo questo Pietro Burlone! Dove sarà?
— Eh, vada e lo cerchi, abita in tale paese, vada e lo cerchi Un giorno ha inforcato un bel cavallo con una bella sella,
sproni, s’è vestito con una abito di panno rigato, una giacca alla cacciatora, un bel cappello ed è uscito.
Se n’è uscito quest’uomo e ad un certo punto ha trovato un ragazzino, mezzo stracciato e che gli ha domandato:
— Dove va lei?
Ha risposto:
— Sto andando in cerca di Pietro Burlone.
Ha detto;
— Pietro Burlone sono io!
— Accidenti! Proprio trovato! Proprio te stavo cercando, — ha detto — me la faresti una burla?
— Sì, potrei farla, — ha detto, — ma non ho gli attrezzi, non ho gli attrezzi per farle una burla.
— E come vorresti fare per…
— Eh, — ha detto, — basta che mi diate il cavallo e vado a casa a prendere gli attrezzi per farle lo scherzo.
— E prendi il cavallo!
Quello si è seduto sul cavallo, ma siccome pungeva con gli sproni e tirava con le briglie, il cavallo non camminava.
— Eh, — ha detto, — non cammina, bisogna che mi diate anche il vestito.
Quello si è spogliato di tutto il vestito l’altro è risalito a cavallo e ha rifatto lo stesso tranello: pungeva con gli sproni e tirava con le briglie.
— No, — ha detto, — bisogna che mi diate anche il cappello.
E gli ha dato il cappello e quello è partito.
È partito Pietro Burlone u un bel cavallo, ben vestito… A un certo punto, cammina cammina, ha visto una compagnia di cacciatori con tutti i cani.
Ha gridato:
— Oh, oh! Cacciatori!
— Che cosa vuole?
—Ho visto un coniglio, ma bello! — ha detto.
— E dove?
— In quel cespuglio di rovi.
Hanno aizzato i cani verso il cespuglio di rovi e c’era quell’uomo nudo. C’era quell’uomo, poveretto, in quel cespuglio di rovi. E i cani: — Bau, bau, bau!
— Eh, cosa fate, cosa fate, ci sono io!
— E com’è che siete rimasto così? — hanno chiesto i cacciatori.
— Eh, — ha detto, — ho dato il cavallo a Pietro Burlone per andare a prendere gli attrezzi per farmi una burla!
— Una burla più grande di questa non esiste! — hanno detto i cacciatori.
Questo e altri racconti popolari incentrati sulla figura di Pietro Burlone, “Predu trampas”, erano molto diffusi in Sardegna. Ricordo da bambino, le sere davanti al caminetto, in un epoca non ancora dominata dalla televisione, quando mio padre ci raccontava le storie di Predu trampas e le sue “trampajolas”, gli attrezzi per burlare: una sorta di storia infinita, ogni volta con una variante o un finale diverso.

Il racconto è tratto dal bel volume “Il bandito pentito e altri racconti popolari sardi”, a cura di Chiarella Addari Rapallo, edito dalla EDES di Cagliari nel 1977. I racconti sono frutto di ricerche “sul campo” effettuate in tutta la Sardegna negli anni 60 e 70 e sono stati trascritti rispettando fedelmente la traduzione letterale dal sardo all’italiano.
La bella illustrazione in copertina, e le illustrazioni interne del volume, sono dell’artista Primo Pantoli.

Arrivare in Sardegna

Una bella “Guida-orario” delle Ferrovie della Sardegna, pubblicata da Richter &Co. di Napoli ai primi del ‘900, descrive dettagliatamente itinerari e percorsi per visitare l’isola utilizzando il mezzo ferroviario e gli altri mezzi a disposizione. E’ una Sardegna d’altri tempi, senza auto, dove, ad esempio a Sassari, una corsa dalla stazione a qualsiasi punto della città, costa lire 0.60 con vettura a 1 cavallo e lire 1,00 con vettura a due cavalli.
La guida, oltre 100 pagine, è impreziosita dalla copertina a colori illustrata da Filippo Figari (autore anche delle 4 tavole a colori interne che raffigurano altrettanti costumi sardi), ed è ricchissima di immagini fotografiche che raffigurano vedute e scene di vita.

Altra caratteristica sono le pagine iniziali di ogni capitolo, illustrate con disegni di Giacinto Satta (1851-1912), artista e scrittore originario di Orosei.

Ma la guida offre anche altre curiosità, come ad esempio le avvertenze iniziali per i passeggeri che arrivano a Golfo Aranci, l’unico approdo giornaliero dell’isola.
Le riporto, invitando chi legge a uno sforzo supplementare di concentrazione per poter comprendere pienamente gli infernali meccanismi previsti.

Avvertenze.
In caso di breve ritardo del piroscafo da Civitavecchia, il treno che dovrebbe partire da Golfo Aranci alle 5,12 potrà ritardare la partenza fino alle ore 6,45 se il piroscafo sarà in vista del molo almeno alle ore 5,45.
Quando invece il piroscafo arrivi dopo partito il treno da Golfo Aranci si effettuerà un facoltativo alle ore 11,25 fino a Terranova, consentendo anche un ulteriore ritardo di un ora quando all’ora stabilita per la partenza il piroscafo sia in vista.
In tal caso i passeggeri diretti a Cagliari dovranno pernottare a Macomer per ripartire l’indomani col treno delle 4,50 o con quello delle 11,55; gli altri diretti a Sassari giungeranno in questa città nella stessa giornata alle 18,9.
Se il ritardo è tale che non consenta la coincidenza col treno che parte da Terranova alle 12,50 i passeggeri e la posta partiranno l’indomani col treno delle 5,12.

 Tutto Chiaro? e allora, che dire? Buon Viaggio!!